Chi è Giovanni l'Evangelista?
Dove troviamo il nome
‘Giovanni’ nel Vangelo di Giovanni?
È più significativa la
testimonianza resa dal Battista o quella dell’Evangelista?
Dove troviamo le
parole ‘Testimone’ e ‘Testimonianza’ nel Vangelo di Giovanni?
§ È di elevata
estrazione culturale?
§ È il discepolo che
entra nel cortile del Sommo Sacerdote?
§ Proviamo ad
analizzare il passo Gv 19, 25-27
APPENDICE 1 – GV 19,
25-27 – Analisi della sequenza
§ Premessa
Ove non diversamente ed esplicitamente espresso, per la lettura del Vangelo secondo Giovanni si fa riferimento alla traduzione Bibbia CEI 2008. Quando sarà necessario indicare un numero, sarà utilizzato il valore numerico anziché la cifra espressa in lettere, in quanto riteniamo che la rappresentazione numerica sia maggiormente efficace nell’esprimere la dimensione rappresentata.
Il presente elaborato ha per titolo
“L’evangelista Giovanni”; l’approccio adottato è quello di porsi alcune
domande che ci aiutino a focalizzare l’attenzione su chi possa essere Giovanni (l'autore del IV Vangelo? Il discepolo amato? uno o più seguaci di Gesù?) e quale sia la sua estrazione sociale, a partire dalle ipotesi fatte su di lui negli studi di eminenti esegeti che ho analizzato e qui accennato. Le deduzioni derivanti dal lavoro di ricerca svolto ed alcune
considerazioni personali, sono evidenziate in grassetto.
Le domande
1) Chi è Giovanni?2) È testimone oculare?
3) È l’autore del quarto Vangelo?
4) È l’autore del cap. 21?
5) È il discepolo amato?
6) È figlio di Zebedeo?
7) È di elevata estrazione culturale?
8) È il discepolo che entra nel cortile del Sommo Sacerdote?
Principali testi utilizzati
Per svolgere il presente lavoro è
stata effettuata una scelta di campo: quella di salire sulle spalle dei giganti
per cercare di vedere qualcosa che non sia un semplice miraggio. Di conseguenza
l'analisi e le considerazioni deriveranno dalla lettura:
- 1. del Vangelo di Giovanni;
- 2.
del testo della Rigato[1];
- 3.
del testo di Mateos e Barreto[2];
- 4.
del testo di Rudolf Schnackenburg[3];
- 5.
di due testi di Angelico Poppi[4];
- 6.
del testo del Brown[5].
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[1] Maria-Luisa Rigato: “Giovanni l’enigma il Presbitero il culto il Tempio la cristologia”, ed. EDB 2007.
[2] J. Mateos – J. Barreto: “IL VANGELO DI GIOVANNI analisi linguistica e commento esegetico”, CITTADELLA EDITRICE, quarta edizione gennaio 2000.
[3] Rudolf Schnackenburg: “COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO TESTAMENTO – Il vangelo di Giovanni, parte terza”, Ed. Paideia – Brescia, 1981. L’autore è stato definito da Papa Benedetto XVI "probabilmente il più significativo esegeta cattolico di lingua tedesca della seconda metà del XX secolo".
[4] Angelico Poppi, “SINOSSI QUADRIFORME dei quattro vangeli (greco-italiano)”, ed. Messaggero (PD), 2006 e “I QUATTRO VANGELI commento sinottico” ed. Messaggero (PD), VI edizione 1998.
[5] Raymond E. Brown: “Giovanni – Commento al Vangelo spirituale”, Cittadella Editrice, Assisi. VI edizione, 2005.
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§ Chi è Giovanni?
È certo che questa sia la domanda comprendente
tutte le altre, quindi proveremo a rispondere includendo considerazioni sia
personali che di altri e le relative motivazioni e riferimenti, con tutti i
limiti del nostro modo profano di ragionare sull’argomento ma spinti da un
desiderio di conoscenza perché, non dimentichiamo, Gesù è sempre il personaggio
principale e tutto ciò che ci può avvicinare per conoscerlo meglio, ci
appassiona.
§ È testimone oculare?
Dove troviamo il nome ‘Giovanni’ nel Vangelo di Giovanni?
Il nome Giovanni è tipicamente ebraico e significa “il Signore ha fatto grazia”[6].
Apriamo il IV Vangelo e cerchiamo dove compare il nome ‘Giovanni’[7]:
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[6] Papa Benedetto XVI, UDIENZA GENERALE Mercoledì, 5 luglio 2006: “Giovanni, figlio di Zebedeo”, catechesi su San Giovanni apostolo ed evangelista.
[7] Vangelo secondo Giovanni, testo CEI 2008.
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1) Gv 1,6: Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
2) Gv 1,15: Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».
3) Gv 1,19: Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?».
4) Gv 1, 26: Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete,
5) Gv 1,28: Questo avvenne in Betania, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
6) Gv 1,32: Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui.
7) Gv 1,35: Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli
8) Gv 1,40: Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro
9) Gv 1, 42: e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
10) Gv 3,23: Anche Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché là c’era molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare.
11) Gv 3,24: Giovanni, infatti, non era ancora stato gettato in prigione.
12) Gv 3,25: Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale.
13) Gv 3,26: Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui».
14) Gv 3,27: Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo.
15) Gv 4,1: Gesù venne a sapere che i farisei avevano sentito dire: «Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni»
16) Gv 5,33: Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità.
17) Gv 5,36: Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
18) Gv 10,40: Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase.
19) - 20) Gv 10,41: Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero».
21) Gv 21,15: Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?».
22) Gv 21,16: Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?».
23) Gv 21,17: Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?».
· Il nome Giovanni, dunque, compare 23 volte in tutto:
- 9 al Cap. 1;
- 5 al Cap. 3;
- 1 al Cap. 4;
- 2 al Cap. 5;
- 3 al Cap. 10;
- 3 al Cap. 21.
·
Se osserviamo con attenzione il contesto dei suddetti
passi, notiamo che:
o
in 18 di essi traspare chiaramente trasparire che si
parli di Giovanni il Battista[8];
o
4 volte ci si riferisce al padre di Simon Pietro;
o
una prima volta, in cui il nome compare[9], la quale merita una particolare
attenzione;
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[8] Figlio
di Elisabetta e di Zaccaria, cugino di Gesù.
[9] Gv 1,6: “Venne
un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni”.
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infatti, mentre il testo di Mateos e Barreto
ritiene che il versetto (1,6) sia senza ombra di dubbio riferito a Giovanni il
Battista (citandolo tre volte nella loro opera)[10],
Maria-Luisa Rigato[11] ci mette
subito una pulce nell’orecchio quando ipotizza che l’inviato da parte di Dio
fosse Giovanni l’Evangelista e non Giovanni il Battista.
Tale ipotesi spiegherebbe perché
l’Evangelista non parli espressamente di sé stesso nel Vangelo a lui
attribuito: si è già ‘dichiarato’ all’inizio.
Esprime diversa opinione al riguardo
il Poppi[12]
il quale attribuisce senza ombra di dubbio il ruolo di ‘testimone’ al Battista
quando, parlando dell’attività preparatoria dell’ultimo profeta dell’Antico
Testamento, cita: “Sembra che I'evangelista ne presupponga la conoscenza e
che ne rievochi in retrospettiva la funzione essenziale di testimone, già
menzionata nel prologo (1,7-8)”[13].
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[10] J. Mateos – J. Barreto: “IL VANGELO DI GIOVANNI analisi linguistica e commento
esegetico”, CITTADELLA EDITRICE, quarta edizione gennaio 2000, pagg. 24,99,275.
[11] Maria-Luisa Rigato: “Giovanni l’enigma il Presbitero il
culto il Tempio la cristologia”, ed. EDB 2007, pag.8.
[12] Angelico Poppi, “I QUATTRO VANGELI commento sinottico” ed. Messaggero (PD), VI
edizione 1998.
[13] Ibidem, pag. 522.
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Se andiamo avanti con i successivi 2
versetti, vediamo che:
·
con l’ipotesi sopra formulata, anche il versetto Gv
1,7[14]
(non solo perché semanticamente legato alla frase precedente) ci sembra in
tutti i casi più applicabile al Giovanni Evangelista (ovvero ad un testimone
che per più tempo stia accanto al Signore) che al Giovanni Battista, in quanto
la testimonianza del Battista sarebbe sostanzialmente limitata al versetto Gv
1,29[15]
ribadito al versetto Gv 1,36[16]
e col rafforzamento di tale testimonianza nel passo Gv 1, 32-34;
·
Anche per il versetto Gv 1,8[17]
possiamo fare un ragionamento analogo come quello al punto precedente.
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[14] “Egli
venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero
per mezzo di lui.”.
[15] “(omissis)...
Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!”.
[16] “(omissis)...
«Ecco l’agnello di Dio!»”.
[17] “Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce”.
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La testimonianza di Giovanni Evangelista,
(ovvero di un possibile discepolo che segua il Signore durante i circa 3 anni
di predicazione), essendo continuativa in tutto il percorso dell’intero IV
Vangelo, ci sembra di maggior peso rispetto a quella attribuibile al Battista.
Proviamo ad approfondire questo
punto, con la lettura del testo: Gv 1,7 ci informa che tutto quanto seguirà è
verità in quanto il testimone inviato da Dio deve dare testimonianza alla luce
(Cristo) affinché tutti credano per mezzo di lui (cioè del testimone che
attesti l’opera del Signore). Ora, riferendoci al valore di tale testimonianza,
ci domandiamo:
È più significativa la testimonianza resa dal Battista o quella dell’Evangelista?
Riteniamo che la risposta sia: “Quella
resa da Giovanni l’Evangelista (o comunque quella del discepolo che
l’Evangelista ritiene testimone di quanto raccontato nel IV Vangelo), poiché racconta e testimonia[18] l’intero
percorso di Nostro Signore, i suoi insegnamenti, i segni e soprattutto la
centralità della Sua passione, morte e resurrezione, comprese le testimonianze
sulle apparizioni del Risorto”.
La testimonianza potrebbe essere una
tradizione orale di cui l’autore del IV Vangelo sia a conoscenza: sarebbe il
caso di un Giovanni discepolo che è accanto al Signore ma non sia colui il
quale abbia scritto il Vangelo: mentre la Rigato lascia cadere tale ipotesi, essa
viene invece tenuta in buona considerazione sia da Schnackenburg che da Brown.
Inoltre sulla preferenza di un
Giovanni discepolo come testimone rispetto al Battista, và ricordato che ad un
certo punto quest’ultimo esprime dei dubbi se colui il quale egli stesso ha
indicato come l’Agnello di Dio sia effettivamente quello che doveva venire o ne
avessero dovuto aspettare un altro[19]:
domandarsi è lecito, ma certamente non è una domanda molto pertinente (anche
per via del fatto - pur se comprensibile in quanto imprigionato - che il
Battista la pone in bocca ad altri che dovranno a loro volta domandare al
Signore e poi riportare la risposta al Battista). Una domanda, in buona
sostanza, che riteniamo non appropriata da parte del ‘testimone inviato da Dio’,
che dovrebbe avvalorare tutto quanto raccontato nel IV Vangelo.
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[18] “Direttamente o indirettamente? Vedremo le considerazioni più avanti nel presente elaborato.
[19] Lc 7,20: “Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?»”.
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Proseguiamo pertanto domandandoci:
Dove troviamo le parole ‘Testimone’ e ‘Testimonianza’ nel Vangelo di Giovanni?
Vediamo quante volte esse compaiono
nel IV Vangelo e vediamo se nei relativi passi vi sia qualcosa che li collega
con Gv 1, 6:
‘testimone’ compare una sola volta al vs 1,7 mentre ‘testimonianza’ compare 31 volte[20]:
· 1,7: Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui;
· 1,8: Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
· 1,15: Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me.
· 1,19: Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?».
· 2,24-25: 24Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
· 3,11: In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza.
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[20]
Ci riferiamo, come detto in premessa, alla traduzione in italiano del Vangelo
secondo Giovanni, testo CEI 2008. Il termine greco traslitterato martyria,
compare invece 14 volte nella versione greca del IV Vangelo, mentre ‘testimone’
non compare (fonte: il già citato libro della Rigato, pag. 24, sua Nota a piè
di pagina n.ro 4).
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· 3,26: Andarono da Giovanni[21] e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui».
· 3,28: Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”.
· 3,32: Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza.
· 3,33: Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero.
· 5,31: Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera
· 5,32: C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera.
· 5,33: Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità.
· 5,34: Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati.
· 5,36: Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
· 5,37: E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto,
· 5,39: Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me.
· 8,13: Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera».
·8,14: Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado.
· 8,17: E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera.
· 8,18: Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me».
· 10,25: Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me.
· 12,17: Intanto la folla, che era stata con lui quando chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro e lo risuscitò dai morti, gli dava testimonianza.
· 15,26: Quando verrà il Paraclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me;
· 15,27: e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
· 18,37: Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
· 19,35: Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate.
· 21,24: Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera.
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[21] Il
Battista.
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Vediamo chi cita chi, come testimone:
· l’autore del IV Vangelo (per brevità: ‘autore’ di qui in avanti, nell’ambito del ragionamento sulla testimonianza) cita o il discepolo che è accanto al Signore e rende testimonianza poi riferita all’autore stesso oppure cita sé stesso (caso in cui l’autore coincida con Giovanni Evangelista) o Giovanni il Battista (1,7);
· per (1,8) vale sostanzialmente quanto detto sopra; infatti ne Giovanni il Battista ne il discepolo sono la luce;
· (1,15), (1,19): l’autore cita come testimone Giovanni il Battista;
· l’autore afferma che Gesù non crede e non necessita di testimonianze di chi crede solo per i segni che opera (2,24-25);
· Giovanni il Battista testimonia per sé stesso, relativamente a ciò che ha già detto di non essere, il Cristo (3,26-28);
· tranne i casi in cui Cristo dà testimonianza di sé attraverso le opere compiute ed il Padre che lo ha inviato e (5,33) che riprende (3,26-28), di Giovanni il Battista non si cita più alcuna testimonianza ed i testimoni che sono citati dopo il cap. 5 sono:
o
Cristo testimone non attendibile, citato dai Farisei
(8,13);
o
Cristo testimone attendibile, autocitazione (8,14);
o
Cristo e il Padre testimoni (citati da Cristo stesso)
(8,18);
o
Cristo cita le opere da Lui compiute, nel nome del
Padre, come testimoni (10,25);
o
la folla testimone, citata dall’autore (12,17);
o
il Paraclito testimone, citato da Cristo (15,26);
o
i discepoli testimoni, citati da Cristo (15,27); questa
affermazione è molto importante per il nostro ragionamento: la testimonianza
dei discepoli assume particolare valore in quanto essi sono con Cristo sin dal
principio. Al di là dell’ovvia, incontrovertibile, imbattibile testimonianza
del Padre e del Paraclito che verrà, l’importanza della testimonianza
terrena ci sembra essere di caratura maggiore da parte di chi sia stato
presente col Cristo sin dall’inizio rispetto a chi lo indica, ribadisce che sia
ciò che lui non è, ed ha dei dubbi finali;
o
Cristo testimone della verità, autocitazione (18,37);
o
(19,35) “chi ha visto...” nella traduzione
italiana sembra che l’autore citi un testimone oculare di ciò che avviene sotto
la croce quando Cristo è appena morto, ma nel testo greco compare ἑωρακὼς
(l’avente visto), quindi non un vedere con il senso della vista, ma con gli
occhi di una fede profonda (da ὁράω che è un sapere, una comprensione, derivante da una profonda e matura
fede – vedasi anche Nota a piè di pagina n.ro 48). Potrebbe quindi riferirsi alla
testimonianza di chi è stato col Signore, amandolo ed essendo amato a tal punto
da comprendere e credere non con il senso della vista, ma col cuore. E di tale
testimone, possiamo dire avendo letto il IV Vangelo che vi siano due
possibilità in quel frangente, se non una sola: il discepolo amato e Maria
Maddalena;
o
21,24: l’autore cita “il discepolo che rende
testimonianza su questi fatti e li ha scritti...”: qui ci sembra
palesemente una diversa mano rispetto all’autore precedente, rafforzante il
messaggio di verità di quanto scritto, attribuendo il Vangelo (sino a tutto il
Cap. 20) come testimoniato dal discepolo il quale ha anche scritto il IV
(Vangelo) tranne il cap. 21: “e noi sappiamo” (noi della scuola
giovannea che abbiamo aggiunto questo capitolo? Oppure è il ‘noi’ che il
Giovanni Evangelista utilizza anche nei primi 20 capitoli?) “che la sua
testimonianza è vera”.
§ È l’autore del IV Vangelo?
Leggendo il Vangelo notiamo che dopo
il prologo, l’inizio (il citato Gv 1,6) e la conclusione (Gv 21,24 ma anche
19,35 nel caso si voglia considerare concluso il Vangelo con il Cap. 20), sono
legati dal tema della testimonianza e questo legame sarebbe ancora più
forte se facessimo nostra l’ipotesi iniziale che vede Giovanni discepolo ed
autore, inviato da Dio per dare testimonianza alla luce. Nella teoria dei 5
stadi di scrittura del IV Vangelo riportata dal Brown (più avanti riportata nel
presente elaborato) vedremo meglio tale affermazione. Occorre fare in tutti i
casi una precisazione, come evidenzia anche il Brown: il concetto di autore nella
storia della scrittura dei Sacri Testi, è diversa dal concetto di autore che
diamo noi oggi ad uno scritto. Autore non è necessariamente colui il quale ha
vergato i caratteri sul papiro o rotolo o libro, ma è magari l’ispiratore,
colui che ha fatto sua la dottrina ed argomenta, attingendo magari da diverse
fonti (tradizione orale, scritti, Vangeli precedenti) i concetti che sono alla
base degli insegnamenti che egli stesso professa o di quanto abbia comunque
recepito e fermamente creduto. Ecco perché, riteniamo, il Sacro Scritto abbia
il suo valore nella lettura e meditazione sincronica, che non si pone il
problema del “Chi? Come? Dove? Quando?” ma si nutre “di ogni parola che esce
dalla bocca di Dio”[22],
lasciando all’esegeta l’analisi più approfondita relativa alla formazione dei
diversi strati, autori, motivazioni, significati, spostamenti, aggiunte,
rimaneggiamenti o riscrittura di passi del testo originale.
Andiamo avanti. Dal testo della Rigato apprendiamo che:
- il 29 maggio 1907 la Pontificia Commissione Biblica (PCB di qui in avanti) confermò che “Giovanni apostolo e non un altro” doveva essere riconosciuto come autore del IV Vangelo, non identificandolo però con il figlio di Zebedeo[23];
- il 5 luglio 2006 Papa Benedetto XVI nell’udienza generale (più sopra citata, in Nota a piè di pagina n.ro 6) ha suggerito di lasciare “agli esegeti di dirimere la questione” se fosse corretta o meno l’identificazione di Giovanni con il Giovanni figlio di Zebedeo[24].
Dunque ogni ipotesi (nonostante i
vari lavori e discussioni) è ancora aperta pertanto proviamo a trarre la nostra
conclusione da quanto sino ad ora esposto e da quanto possiamo evincere a
riguardo dall’Apocalisse di Giovanni e dalle 3 lettere giovannee: ci riferiamo
alla comparsa del nome ‘Giovanni’ all’interno dei testi. Fatto salvo quanto già
indicato per il IV Vangelo, nelle lettere giovannee il nome Giovanni non è mai
nominato mentre in Apocalisse compare 3 volte nel primo capitolo ed una volta nel
ventiduesimo.
In linea con il caratteristico modo di
Paolo di presentarsi nei propri scritti e così come fa in Apocalisse anche
Giovanni, riteniamo plausibile la presentazione che Giovanni fa di sé stesso in
Gv 1,6 quindi concludiamo che, verosimilmente, lo scrittore del IV Vangelo possa essere stato un testimone
diretto, fosse egli un Apostolo dei dodici o molto più probabilmente
un discepolo, il quale abbia seguito il Signore e poi scritto questa opera
teologica che inizia con il suo Vangelo.
L’evangelista
potrebbe anche essere uno dei due discepoli del Battista, nominati all’inizio
del Vangelo (Gv 1,40) i quali seguono Gesù ed uno dei due era Andrea, fratello
di Simon Pietro[25]. In
questo caso, l’evangelista ci avrebbe certamente semplificato l’analisi se
avesse aggiunto “e l’altro, ero io!”. Ma la soluzione potrebbe anche
essere un’altra: quella di un discepolo testimone oculare che sia poi stata
la fonte del Giovanni Evangelista autore del IV Vangelo e questo Evangelista
abbia messo più volte le mani nella propria opera, integrando e riscrivendo, come
vedremo tra breve.
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[22] Mt 4,4.
[23] Maria-Luisa Rigato: “Giovanni l’enigma il Presbitero il
culto il Tempio la cristologia”, ed. EDB 2007, pag.8.
[24] Ibidem,
pag. 9.
[25] Ibidem,
pag. 27.
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§ È l’autore del cap. 21?
Il versetto 21,24[26]
potrebbe, ad un primo sguardo, essere in odore di scuola giovannea, nel senso
che essa voleva cementare maggiormente la fede e nel contempo, dare ancor più
credibilità allo scritto ad opera del testimone per eccellenza: il discepolo
che è stato sempre a fianco del Signore, che ha poi scritto il IV Vangelo (a
quanto afferma il versetto citato).
Rudolf
Schnackenburg[27] a pag. 17 del terzo volume del suo commentario al IV
Vangelo, scrive: “Per il capitolo aggiuntivo (21) bisogna ricercare da chi
sia stato scritto e quali intenzioni esso persegua” e aggiunge: “Questo
redazionale capitolo conclusivo dell'opera di cui disponiamo oggi dev'essere
costantemente tenuto presente come una chiave sicura per la comprensione del
vangelo vero e proprio”. L’esegeta afferma che per tale capitolo “non si
può trascurare la diversità stilistica, alla quale per lo più si presta poca
attenzione”[28]. È
indubbio che, ad esempio, la pericope Gv 21, 15-23[29]
sia in perfetto stile narrativo giovanneo: tuttavia, prosegue l’esegeta,
potrebbe essere comunque un prodotto della più ristretta cerchia della scuola
giovannea[30].
Ma la critica stilistica non è sufficiente a sbrogliare la matassa per cui il
capitolo 21, ad eccezione dei versetti conclusivi 24 e 25, potrebbe essere
materiale scritto od orale dell’Evangelista ripreso e redatto nella forma
finale dalla scuola giovannea[31]
(ma a questo punto sarebbe comunque intenzione dell’autore, quindi per quanto
abbiamo precedentemente detto sul concetto di autore in quel tempo di scrittura
dei Testi Sacri, anche l’intenzione di un autore è sufficiente ad attribuirgli
l’opera, pur se il redattore finale sia stata un’altra persona fisica).
Una seconda ipotesi potrebbe essere
quella del discepolo amato (nell’ipotesi in cui questi non coincida con l’Evangelista)
il quale tramanda oralmente i racconti del cap. 21 al redattore finale. Tale
ipotesi sarebbe suffragata dalla conclusione del capitolo, dove al versetto 23
si evince il possibile riferimento da parte del redattore al discepolo amato e
alla sua testimonianza (orale), qui inserita e, indipendentemente se egli sia
in vita o meno, essa permane nella comunità e diviene tradizione[32].
Il versetto 25[33]
vedrebbe addirittura un’altra mano che riafferma iperbolicamente la conclusione
dell’evangelista Giovanni nel cap. 20 versetto 30[34],
in un momento storico (II secolo) in cui si affacciava lo gnosticismo ed era
necessario riaffermare la vera fede: l’insegnamento del Cristo, che non era
riservato agli iniziati ma cui tutti potevano accedervi ascoltando quanto il
Signore predicava, avendo fede in lui e testimoniandolo nella vita quotidiana.
Ma se anche non fosse un parto della scuola di Giovanni, sarebbe comunque un’aggiunta
posteriore, così come ve ne sono state nei sinottici[35]
avente lo scopo di rafforzare la veridicità di quanto raccontato e testimoniato
tramite la citazione di un testimone oculare, quindi maggiormente attendibile.
Come osserva invece la Rigato, la
redazione del IV Vangelo potrebbe aver impegnato Giovanni per parecchi anni,
affiancandolo come periodo di scrittura all’Apocalisse, scritti quindi da un
Giovanni nella sua vecchiaia[36].
Non troviamo invece considerazioni in merito al cap. 21 nella già citata opera
di Mateos e Barreto, che commentano ampiamente il capitolo definendolo come un
prosieguo della missione dei discepoli del Signore, un poco alla stregua degli
Atti (seppure il capitolo sia molto più breve della continuazione dell’opera
lucana).
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[26] “Questi
è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che
la sua testimonianza è vera”.
[27]
R. Schnackenburg: “COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO
TESTAMENTO – Il vangelo di Giovanni, parte terza, Ed. Paideia – Brescia, 1981.
[28] Ibidem,
pag. 567.
[29]
15 Quando ebbero finito la colazione, Gesù disse
a Simone Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?» Gli risponde: «Si, Signore; tu sai che ti
amo». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16 Gli ripeté una seconda volta:
«Simone di Giovanni, mi ami tu?» Gli rispose: «Sì, Signore, tu sai che ti amo».
Gli disse: «Pasci le mie pecore». 17 Gli domandò una terza volta: «Simone di
Giovanni, mi ami?» Si rattristò Pietro perché gli aveva detto per la terza
volta: «Mi ami tu?» e gli rispose: «Signore, tu conosci tutto, tu sai che ti
amo». Gli disse: «Pasci le mie pecore. 18 In verità, in verità ti dico:
quand'eri giovane, ti annodavi da te la cintura e andavi dove volevi. Ma quando
sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti annoderà la cintura e ti
condurrà dove tu non vuoi». 19 Questo disse per indicare con quale morte
avrebbe glorificato Dio. Dopo queste parole, gli disse: «Seguimi!». 20 Pietro, voltatosi, vide che li seguiva il
discepolo che Gesù amava, quello che durante la cena si era chinato sul suo
petto e aveva detto: «Signore, chi è che ti tradisce?» 21 Vistolo, dunque,
Pietro disse a Gesù: «Signore, e lui?» 22 Gesù gli rispose: «Se voglio che egli
rimanga finché io venga, che te ne importa? Tu seguimi!» 23 Si sparse perciò
tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli
aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che lui rimanga finché io venga,
che te ne importa?».
[30] R.
Schnackenburg: “COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO TESTAMENTO – Il vangelo di
Giovanni, parte terza, Ed. Paideia – Brescia, 1981, pag. 571.
[31] Ibidem,
pag. 579.
[32] Ibidem,
pag. 620.
[33]
Gv 21, 25: “Ma ci sono molte altre cose che Gesù ha fatto, le quali si
fossero scritte una per una, penso che neppure il mondo stesso potrebbe
contenere i libri che si dovrebbero scrivere”.
[34] Gv
20,30: “Molti altri segni fece dunque Gesù dinanzi ai suoi discepoli, che
non sono stati scritti in questo libro”.
[35]
Esempio lampante potrebbe essere Mt 28,19: “Andate dunque e ammaestrate
tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito
Santo,” comando che suona strano in quanto né negli atti né nelle lettere
paoline si parla di un tale Battesimo Trinitario.
[36]
Maria-Luisa Rigato: “Giovanni l’enigma il Presbitero il culto il Tempio la
cristologia”, ed. EDB 2007, pagg. 32-33.
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§ Prime conclusioni
A seguito dei nostri ragionamenti,
possiamo formulare le seguenti ipotesi come risposta alle nostre domande
iniziali (il numero prima della parentesi si riferisce al numero di domanda inizialmente posta).
2) È testimone oculare? Un Giovanni testimone
oculare e discepolo c’è sicuramente stato (forse anche più di uno di Giovanni)
ma non è detto che sia anche l’autore del IV Vangelo (in particolare, in termini di stesura).
3) È l’autore
del IV Vangelo? È possibile: in questo caso forse si è nominato
indirettamente, in Gv 1,6 mentre si nomina invece direttamente in Apocalisse
(capp. 1 e 22) e non si nomina nelle 3 lettere giovannee. Ma potrebbe anche
essere un redattore, di grande vastità teologica, che abbia utilizzato come
fonte primaria testimonianze dirette ed altre fonti scritte precedentemente
(Vangeli, detti, lettere).
4) È l’autore del cap. 21? Oltre
alla ipotesi che abbia scritto i primi 20 capitoli del IV Vangelo, potrebbe
anche aver scritto, in periodo susseguente, il capitolo 21 conclusivo, pur non
potendo escludere un intervento della scuola giovannea. In questo secondo caso,
il capitolo 21 potrebbe addirittura prevedere tre scrittori diversi oltre al Giovanni
Evangelista dei primi 20 capitoli.
Relativamente alla prima domanda ‘1) Chi è
Giovanni?’ Per ora possiamo dire che potrebbe essere stato l’autore del IV
Vangelo ed anche un discepolo di Gesù oppure, altra ipotesi, l’autore del IV
Vangelo (in parte o in toto) ma non discepolo di Gesù.
Non possiamo inoltre ignorare tutto il grande lavoro sulla
possibile formazione del IV Vangelo e del presunto incorretto ordine dei
capitoli, che ha visto impegnati biblisti di illustre fama (Boismard[37],
Bultmann[38], Becker[39],
Schweizer[40],
Ruckstuhl[41],
Dodd[42]
e altri).
Da questo punto di vista, quasi un poco ad ingarbugliare la matassa (se non proprio a ribaltarla), il Brown nella sua opera già citata[43], analizza le motivazioni dei sopracitati e come sintesi unita alla propria interpretazione, immagina un minimo di 5 stadi nella composizione del IV Vangelo. Senza entrare nel dettaglio, tale approccio vede la composizione del Vangelo secondo Giovanni così stratificata:
- una fonte, il cui materiale deriverebbe o da scritti preesistenti, o da una tradizione orale, oppure da entrambe le fonti;
- la mano dell’Evangelista, o comunque una prima mano che nel corso di qualche decennio sintetizza la teologia che predica egli stesso, integrando e rimodellando il materiale a disposizione;
- l’organizzazione del materiale proveniente dallo stadio precedente, in un Vangelo coerente, sempre ad opera dell’Evangelista;
- una seconda edizione, a cura dell’Evangelista citato nello stadio precedente;
- la redazione finale, a cura di un redattore che non è l’Evangelista citato sino al punto precedente, il quale redattore aggiunge il capitolo 21, inserisce la duplicazione di alcuni discorsi (es. 6, 51-58 accanto a 6, 35-50 o 16, 4-33, un duplicato con alcune varianti del discorso nel cap. 14).
Quest’ultima analisi non è in totale
contrasto con una delle nostre ipotesi sul fatto che Giovanni possa essere
l’autore del IV Vangelo (o di gran parte di esso) ma non discepolo di Gesù[44].
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[37] Nella
sua teoria della redazione identifica Luca come redattore finale
[38]
Che attribuisce ad esempio Prologo e i discorsi ad una sola fonte, oppure
pretende il corretto ordinamento non di capitoli specifici ma addirittura di
specifici passi.
[39] Più
propenso ad attribuire i discorsi ad una letteratura gnostica di metà II
secolo.
[40]
Isola 33 peculiarità dello stile giovanneo, che metterebbero in dubbio una
pluralità di fonti (fermo restando che un redattore finale avrebbe potuto
riscrivere parte del materiale con un suo stile proprio).
[41]
Questi isola ben 50 peculiarità, portando al massimo sviluppo il lavoro di
Schweizer, grazie anche alle integrazioni di Jeremias e Menoud).
[42]
Identifica nei discorsi alcuni ‘detti di Gesù’, che a paragone con quelli dei
sinottici li collocano come appartenenti ad una tradizione primitiva, più
vicina agli anni del Signore che non a quelli della redazione del IV Vangelo.
[43] Raymond
E. Brown: “Giovanni – Commento al Vangelo spirituale”, Cittadella Editrice,
Assisi. VI edizione, 2005.
[44]
Non prendiamo ovviamente come oro colato quanto il pur eminente Brown argomenta:
non ci piace infatti il suo commento nel riconoscimento di Gesù da parte della
Maddalena al sepolcro, senza minimamente citare il fatto che la Maddalena nel
momento in cui riconosce Gesù, si volta verso la tomba vuota e lì guardando
pronuncia la parola “Rabbunì”. Il Brown attribuisce infatti alla Maddalena una
fede non piena, in quanto il suo voler toccare Gesù implica secondo lui il
perpetrare una sequela di un Maestro terreno e non del Risorto. Per noi invece
la Maddalena identifica il Rabbunì (mio Maestro) con il Risorto, tanto è vero
che dice poi ai discepoli “Ho visto il Signore” (Gv 20,18). In realtà
quest’ultima parte la indica anche il Brown, ma ritarda il riconoscimento in
funzione della spiegazione di Gesù (Gv 20,17): “Gesù le disse: «Non mi
trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e
di’ loro: ‘Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro’»”.
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§ È Il discepolo amato?
Nel testo di Mateos e Barreto[45]
troviamo, espresso in mirabile sintesi, una possibile risposta a chi fosse tale
discepolo; leggiamo:
Un caso di particolare interesse è
quello del discepolo che Gesù amava, figura anonima che rappresenta il
discepolo o la comunità, in quanto amici di Gesù; è il discepolo che sperimenta
il suo amore e gli corrisponde (18, 15 Lett.), quello che giunge per primo alla
fede nella risurrezione (20, 8) e percepisce la presenza di Gesù nel frutto del
lavoro (21, 7). Questo discepolo servirà, inoltre, da termine positivo in ripetuta
opposizione con Simon Pietro (13, 23ss; 18, 15; 20, 3ss; 21, 7. 20-23).
Ecco, il discepolo amato è colui il
quale china il capo sul petto di Gesù, come Gesù si china sul seno del Padre; è
colui il quale compie un passo in più rispetto a Pietro, nella sequela del
Signore, e con quel gesto del discepolo nell’ultima cena, Gesù rivela il nome
del traditore e, più in generale, si auto-rivela a chi lo ama veramente, a chi
gli apre il cuore e lo testimonia vivendo i Suoi insegnamenti.
Non di meno ci è piaciuta una
indicazione della Rigato la quale, ricordandoci che numeri e nomi in ebraico
hanno dei significati che non sono sempre evidenti ai profani, fa un
accostamento tra il nome di Giovanni (Jôhanan o Jᵉhôhanan, che come abbiamo già detto significa ‘il
Signore ha fatto grazia’) con il nome di Gesù (Jeshû’a o Jᵉhôshu’a, ‘YHWH salva’) e il verbo graziare = hanan
e la similitudine con amare = ahab). Pertanto il discepolo che Gesù
amava sarebbe una perifrasi del nome stesso ‘Giovanni’[46].
Ireneo di Lione identifica il discepolo
che si chinò sul petto di Gesù (ὁ καὶ ἐπὶ τὸ στῆθος αὐτοῦ ἀναπεσών), come
autore del IV Vangelo (“Adversus Haereses” 3,1,1).
Dunque Giovanni è il discepolo amato? Sì,
nella stessa misura in cui ognuno di noi può potenzialmente esserlo. Come
vedremo quando parleremo di Maria Maddalena, il discepolo amato non lo
associamo fisicamente ad un personaggio ben specifico, ma ad una funzione:
quella rappresentata dal discepolo che in certo momento è in piena e profonda
comunione con Cristo, lo ama ed è amato, tanto da chinare il suo capo sul petto
del Signore.
Riteniamo plausibile l’interpretazione
che nel IV Vangelo vi sia l’invito alla comunità giovannea a divenire,
ciascuno, il discepolo amato: tale invito è di conseguenza rivolto dall’autore
anche a tutti noi, che dobbiamo avere come obiettivo la sequela Christi,
preoccupandoci di camminare al Suo seguito e sforzandoci un giorno di essere in
grado di chinare il capo sul Suo petto.
Come si può evincere, la questione
rimane in ogni caso aperta:
·
il discepolo amato è una figura storica (Gv 21,24)?
·
è una figura simbolica?
·
è una figura sia storica che simbolica?
·
È opera del redattore di Gv 21,24 che ha poi rivisitato i passi dell’Evangelista
delle prime redazioni, inserendo la dicitura del ‘discepolo amato’ per
esprimere teologicamente la funzione che tale discepolo rappresenta e deve
rappresentare?[47]
In Gv 19,35[48]
troviamo evidente la testimonianza del discepolo amato che ha visto[49] la fuoriuscita di sangue ed acqua
dal costato del Signore: ma di chi vi fosse sotto la croce, parleremo più
avanti. Quello che possiamo dire è che con tale figura si accerta che la
scrittura del IV Vangelo derivi dalla tradizione, portando a testimonianza chi
ha visto l’evento centrale caro all’evangelista: la passione, morte e
resurrezione del Figlio di Dio.
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[45]
J. Mateos – J. Barreto: “IL VANGELO DI GIOVANNI analisi linguistica e commento
esegetico”, CITTADELLA EDITRICE, quarta edizione gennaio 2000, pag. 19.
[46] Maria-Luisa Rigato: “Giovanni l’enigma il Presbitero il
culto il Tempio la cristologia”, ed. EDB 2007, pag. 28.
[47] R.
Schnackenburg: “COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO TESTAMENTO – Il vangelo di
Giovanni, parte terza, Ed. Paideia – Brescia, 1981, pag. 626.
[48]
“E chi ha visto ha testimoniato, e la sua testimonianza è veritiera, ed egli
sa che dice il vero, perché anche voi crediate”.
[49] Non si
parla di visione fisica, comunque, in quanto il termine utilizzato fa capo a ‘ὁράω’
e non a ‘βλέπω’.
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Cerchiamo ora di arricchire la conoscenza di Giovanni, per completare la risposta alla domanda regina, la prima. Poniamoci quindi ulteriori domande:
§ È figlio di Zebedeo?
I figli di Zebedeo
sono nominati nel IV Vangelo solamente al 21,2 quando
Gesù Risorto si mostra sul lago di Tiberiade a 7 discepoli[50].
Che i figli di
Zebedeo fossero due e avessero nome Giacomo e Giovanni, ce lo dicono Luca[51]
e Marco[52]:
quest’ultimo ne evidenzia anche il mestiere di pescatore. Che poi Zebedeo fosse
un vero e proprio imprenditore nel campo della pesca, ci sarebbe utile per
rendere forse meno rozza la cultura di questi fratelli, che gli stessi Atti
degli Apostoli descrivono però come senza istruzione e popolani[53].
A fronte di queste notizie e paragonando l’opera giovannea con quella lucana e
ancor più, con quella paolina, è evidente che una teologia così profonda come
quella giovannea non poteva venir fuori, con tutto il rispetto, da chi si
guadagnava da vivere giornalmente con il duro lavoro e certamente non aveva la
possibilità di studiare le Scritture così a fondo come ebbe ad esempio modo
Paolo, alla scuola di Gamaliele – come attestano gli Atti[54].
Inoltre mentre da un Paolo e da un Luca non ci stupisce la loro buona
conoscenza del greco, resteremmo invece stupiti che oltre alla profondità della
teologia il Giovanni pescatore fosse anche in grado di esprimerla in greco,
fosse anche la koinè[55].
Se poi Giovanni fosse stato un galileo,
sempre con tutto il rispetto, decadrebbero immediatamente i ragionamenti che
faremo più avanti sulla sua provenienza Sadducea (che
implicherebbe una origine certamente giudaica piuttosto che galilea), ipotesi
supportata anche dal fatto che nel IV Vangelo non ci si sofferma per nulla a
parlare dei galilei, fatta eccezione per il matrimonio di Cana di Galilea e al
fatto che Gesù, sfuggito alle ire dei giudei, si fosse rifugia in Galilea.
Mateos e Barreto, nell’opera che stiamo considerando, non ci dicono nulla in merito: essa è incentrata sull’analisi linguistica e l’esegesi del testo, da cui si possono certamente rilevare preziose indicazioni ma purtroppo è mancante del profilo su Giovanni, pur se qualche importante indicazione la si trova quando ad esempio si parla del linguaggio utilizzato[56] nel IV Vangelo il quale:
· è un linguaggio simbolico;
· contiene citazioni esplicite ed allusioni all’Antico Testamento;
· contiene tradizioni giudaiche;
· contiene sostanzialmente tutti i luoghi teologici che attraversano la storia del popolo di Israele;
· utilizza i metodi esegetici delle scuole rabbine, il cui principio base è: “la somiglianza di una parola in passi differenti permette di trasferire a uno di essi l'intera situazione che si trova nell'altro”:
· utilizza una composizione ‘a spirale’, avendo come fine la molteplice meditazione del tema centrale: la morte di Gesù in croce.
Il ragionamento iniziale sulla risposta alla domanda sulla famigliarità con Zebedeo segue la falsariga della Rigato[57] ma per farlo nostro abbiamo riletto alcune fonti (Atti, Luca, Marco) e fatto un parallelo con Luca e Paolo. Abbiamo quindi approfittato della spiegazione linguistica di Mateos e Barreto, che hanno ribadito ciò che a lezione avevamo già individuato, sullo stile giovanneo.
Ricordiamo infine
quanto abbiamo già più sopra citato relativamente alla PCB e alla
considerazione di Papa Benedetto XVI (Note a piè di pagina n.ri 23 e 24). Concludiamo pertanto che il Giovanni autore del IV Vangelo non sia
stato figlio di Zebedeo, fermo restando che anche tale Giovanni avrebbe potuto
essere benissimo un seguace di Gesù ed essere probabilmente lui la colonna della
Chiesa cui Paolo fa riferimento.
§ È di elevata estrazione culturale?
Sì. Riteniamo sia una risposta plausibile,
per i ragionamenti già più sopra esposti sul fatto che non possa essere stato
un pescatore galileo. Ad arricchire le motivazioni dell’affermazione, ci viene
ancora una volta incontro la Rigato quando, riportando la testimonianza di
Policrate, presenta Giovanni come un levita di stirpe arcisacerdotale[58],
dell’alto clero di Gerusalemme[59]
e non del clero esseno separatista di Qumran[60].
Di madre ebraica, Giovanni conosceva
il greco e già queste caratteristiche sono certamente conformi all’autore degli
scritti giovannei, in particolare del IV Vangelo, nostro oggetto di elaborato.
Tale provenienza Sadducea ne orienta i natali in Giudea piuttosto che in
Galilea e ne corrobora meglio la conoscenza della Torah e dei Profeti da parte
del Giovanni Evangelista. Il fatto poi che nell’opera giovannea si parli di
resurrezione, di spirito e di angeli ne evidenzia l’acquisizione di componenti
teologiche farisaiche, dovute sicuramente alla maturazione di Giovanni negli
anni di affiancamento a Gesù e di meditazione su quanto appreso dal Signore.
La sua provenienza gerosolimitana si rispecchia anche, secondo noi,
nel fatto che nel IV Vangelo Gesù sale ben quattro volte e Gerusalemme,
conformemente a quella che doveva essere una delle regole di ciascun buon
giudeo: recarsi almeno una volta all’anno a Gerusalemme, in occasione della
Pasqua ebraica. Giovanni è molto attento a questo e lo esprime con chiarezza
nei relativi passi[61].
Curiosamente, Fernando F. Segovia[62]
suddivide il Vangelo di Giovanni proprio con i quattro viaggi di Gesù a
Gerusalemme, con una delimitazione diversa da quella da noi effettuata e sicuramente
più confacente: Gv 1, 19-3, 36; 4, 1-5, 47; 6, 1-10, 42; 11, 1-17, 26; 18, 1-21,
25.
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[50]
“si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana
di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli”.
[51]
Lc 5,10: “così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di
Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di
uomini»”.
[52]
Mc 1,19-20: “9 Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di
Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. 20 Li chiamò. Ed
essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono”.
[53]
At 4,13: “13 Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e considerando
che erano senza istruzione e popolani, rimanevano stupefatti riconoscendoli per
coloro che erano stati con Gesù;”.
[54]
At 22,3: “Ed egli continuò: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma
cresciuto in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nelle più rigide
norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi”.
[55] Greco
ellenistico parlato in Palestina ai tempi di Gesù.
[56]
J. Mateos – J. Barreto: “IL VANGELO DI GIOVANNI analisi linguistica e commento
esegetico”, CITTADELLA EDITRICE, quarta edizione gennaio 2000, pag. 18.
[57] Maria-Luisa
Rigato: “Giovanni l’enigma il Presbitero il culto il Tempio la cristologia”,
ed. EDB 2007, pagg. 36-37.
[58] Dal
greco (traslitterato) archieratikos.
[59]
Testimonianza di Policrate vescovo di Efeso (130 circa – 196). Di lui dice
infatti che fosse quello che «si era chinato sul petto del Signore, il quale
fu sacerdote, ha indossato la lamina e fu testimone e maestro e si addormentò a
Efeso».
[60]
Per quanto riguarda Giovanni il Battista invece, vi sono fondate ipotesi sulla
sua vicinanza agli Esseni: citiamo Benedetto XVI, “Gesù di Nazaret - Dal
Battesimo alla Trasfigurazione”, ed. Rizzoli (2011): “sembra che Giovanni il
Battista, ma forse anche Gesù e la sua famiglia, fossero vicini a questa
comunità”.
[61] Prima
salita a Gerusalemme: Gv 2, 13. Seconda: Gv 5,1. Terza: Gv 7, 10. Quarta: Gv
12, 12-13.
[62] Fernando F. Segovia, "The
Journey(s) of Jesus to Jerusalem: Plotting and Gospel Intertextuality",
Leuven University Press and Uitgeverij Peeters, 1992.
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§ È il discepolo che entra nel cortile del Sommo Sacerdote?
Qui chiudiamo per un momento tutti i
nostri sussidi e teniamo aperto solo il IV Vangelo (traduzione del Poppi[63]).
Il giovane che entra nel cortile del
Sommo Sacerdote[64] per il
processo nel Sinedrio è quel discepolo ANONIMO come lo abbiamo chiamato a
lezione? Proviamo a ragionare:
·
lui entra dove invece Pietro non può andare. Perché?
Perché è conosciuto dal Sommo Sacerdote. Facendo un parallelo con Paolo: perché
Paolo può viaggiare ‘tranquillamente’ nell’Impero Romano e parlare alle genti
senza essere arrestato? Perché è conosciuto o comunque ha il lasciapassare dei
Romani: infatti, è anche cittadino Romano. Dunque ANONIMO è conosciuto al Sommo
Sacerdote per tre ipotesi che formuliamo:
(1) è il pescatore
figlio di Zebedeo e come tale fornisce il Sommo Sacerdote (magari non di pesce
freschissimo, vista la distanza tra Gerusalemme e la Galilea);
(2) è il discepolo
amato;
(3) è un altro discepolo
(che compare e scompare).
La prima ipotesi non ci convince, in
quanto se la portinaia riconosce Pietro come un galileo che stava appresso all’arrestato,
a maggior ragione avrebbe indicato anche l’altro insieme a lui, anch’egli galileo
(si potrebbe obiettare che poiché era conosciuto dal Sommo Sacerdote, sarebbe
stato conosciuto anche dalla portinaia, ma probabilmente quella non era l’ora
di consegna del pesce e col buio e senza prodotti ittici, era più facile
vederlo come un galileo al seguito di Gesù, come Pietro). Così non avviene.
La terza ipotesi – quella che abbiamo
abbracciato a lezione – ne fa uno dei tanti discepoli che non hanno
un’importanza particolare all’interno dei Vangeli: c’è e poi sparisce
nell’anonimato. Per qualche motivo è conosciuto al Sommo Sacerdote. Ha comunque
un valore di testimonianza, in quanto è plausibile che abbia anche assistito al
processo.
La seconda ipotesi è frutto del
ragionamento qui esposto: se Giovanni è l’evangelista autore del IV Vangelo ed
è il discepolo amato, potrebbe anche essere il discepolo ANONIMO (che quindi
assiste al processo e ne da testimonianza[65])?
Ciò sarebbe di ausilio al prosieguo del Vangelo, ovvero al fatto che il
discepolo amato, coincidente con ANONIMO, si trovi anche sotto la croce con ‘le
donne’ (non avendo mai abbandonato Gesù) e come testimone onni-presente, abbia
riportato tutti questi fatti nel IV Vangelo. Non resta dunque che analizzare
chi vi fosse, sotto la croce...
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[63] Angelico Poppi, “SINOSSI QUADRIFORME dei
quattro vangeli (greco-italiano)”, ed. Messaggero (PD), 2006.
[64]
Gv 18,15: Ora, seguiva(no) Gesù Simon Pietro e un altro discepolo; ora, quel
discepolo era noto al sommo sacerdote, ed entro con Gesù nel cortile del sommo
sacerdote”.
[65]
Altrimenti, chi avrebbe potuto raccontare che cosa era avvenuto nel primo
interrogatorio a Gesù?
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§ Proviamo ad analizzare il passo Gv 19, 25-27
Prendiamo la traduzione del Poppi[66]
per tale passo:
“25 Ora, stavano presso la croce di
Gesù sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Clopa e Maria Maddalena.
26 Gesù dunque, vedendo la madre e il
discepolo che amava che (le) stava accanto, dice
alla madre: «Donna, ecco tuo figlio»”.
27 Poi dice al discepolo: «Ecco la
tua madre». E da quell’ora il discepolo la prese con sé.”
Qui appresso il testo greco:
25 Εἱστήκεισαν δὲ παρὰ τῷ σταυρῷ τοῦ Ἰησοῦ ἡ μήτηρ αὐτοῦ καὶ ἡ
ἀδελφὴ τῆς μητρὸς αὐτοῦ, Μαρία ἡ τοῦ Κλωπᾶ καὶ Μαρία ἡ Μαγδαληνή.
26 Ἰησοῦς οὖν ἰδὼν τὴν μητέρα καὶ τὸν μαθητὴν παρεστῶτα ὃν ἠγάπα,
λέγει τῇ μητρί· γύναι, ἴδε ὁ υἱός σου.
Per completezza riportiamo anche il testo greco e la traduzione proposta
da Rudolf Schnackenburg nella sua opera citata in Nota a piè di pagina n.ro 27, a pag. 444:
Qui citiamo anche il versetto 24c, in quanto il μὲν qui contenuto vedremo come si lega al δέ del successivo versetto 25.
Rimandiamo, per non appesantire qui
il discorso, l’analisi dei tre versetti del passo (basandosi sul Poppi) in APPENDICE 1 – GV 19, 25-27.
Al versetto 25 il testo evidenzia che
vi siano tre o quattro donne ai piedi della croce:
1) sua madre (di
Gesù)
2) la sorella di
sua madre, Maria di Clopa
3) Maria Maddalena
oppure:
1) sua madre (di Gesù)
2) la sorella di sua
madre
3) Maria di Clopa
4) Maria Maddalena
Da molti esegeti cattolici Maria di
Clopa viene indicata come moglie (e non figlia) di Cleofa (latinizzazione di Clopa/Cleopa,
fratello di san Giuseppe, e madre dei ‘fratelli’ di Gesù), secondo
l'interpretazione che ‘Cleofa’ e ‘Alfeo’ siano la medesima persona e non due
personaggi distinti. Un'ipotesi certamente attendibile, seguendo le Scritture[67]
.
Per completezza, vediamo cosa dicono
i sinottici riguardo chi vi fosse non ai piedi e neppure nei pressi, ma che
“osservavano da lontano”[68]
dalla croce (facciamo riferimento alla traduzione del Poppi[69]:
Mc 15,40: “Ora, c’erano anche
delle donne, che osservavano da lontano, tra le quali anche Maria Maddalena e
Maria di Giacomo il Minore e madre di Giosè e Salome”.
Mt 27, 55-56: “55 Ora, c'erano là
molte donne, che osservavano da lontano, le quali avevano seguito Gesù dalla
Galilea per servirlo; 56 tra le quali c’era(no) Maria Maddalena e Maria di
Giacomo e madre di Giosè, e la madre dei figli di Zebedeo”.
Lc 23,49: “Ora, stavano (lì) tutti
i suoi conoscenti, da lontano[70] , e
delle donne che lo avevano accompagnato dalla Galilea, che vedevano queste cose”[71].
Domanda: nel versetto 25 (ed anche: nei
sinottici) quale discepolo/apostolo di Gesù è presente tra coloro i quali
stanno presso la croce?
Due possibili risposte:
·
nessuno (di sesso maschile);
·
uno (di sesso femminile)[72].
Interpretando più liberamente il
testo, c’è chi aggiunge (direi un poco troppo arbitrariamente) anche ‘il
discepolo che Gesù amava’[73],
il quale è nominato invece al versetto 26, nel quale si parla del “discepolo
che amava che (le) stava accanto”.
Domanda: una presenza
maschile sotto la croce, non avrebbe dato fastidio ai soldati romani i quali
non erano certo teneri di cuore nel vedere seguaci di Cristo in giro dopo
quanto successo?[74]
Non abbiamo risposta in merito, ma a
corroborare la nostra ipotesi troviamo quanto cita lo Schnackenburg, ovvero che
sia forse più plausibile la ‘lontananza’ sinottica delle donne dalla croce
rispetto alla ‘prossimità’ giovannea: “(infatti gli
uomini di guardia difficilmente avrebbero lasciato avvicinare gli spettatori)”[75], figuriamoci ci fossero stati anche
uomini (considerando anche che i soldati di guardia, che si spartiscono le
vesti, erano solamente in quattro).
Proviamo
a seguire un ragionamento,
pur se ci rendiamo conto che esso non possa essere supportato con evidenza
granitica e definitiva dagli studi, né confermato dal testo (ma neppure, forse,
negato):
· abbiamo visto leggendo il libro della Rigato[76]
che l’autrice osserva come Giovanni possa aver giocato sul proprio nome e su
quello di Gesù per attribuire al proprio stesso nome il significato di
‘discepolo amato’ (vedasi ‘§ È Il discepolo amato?’);
· nei sei versetti in cui nel IV Vangelo compare
direttamente o indirettamente il discepolo amato, è indubbio che ‘discepolo’
sia un sostantivo singolare maschile e se vi fosse stata necessità di indicare
esplicitamente il sostantivo ‘discepola’ si sarebbe dovuto utilizzare μαθητρια
(educanda, allieva, scolaretta). Vediamoli:
Gv 13,23: ἦν ἀνακείμενος εἷς ἐκ τῶν μαθητῶν
αὐτοῦ ἐν τῷ κόλπῳ τοῦ Ἰησοῦ, ὃν ἠγάπα ὁ Ἰησοῦς
23Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a
tavola al fianco di Gesù.
Gv 19,26: Ἰησοῦς οὖν ἰδὼν τὴν μητέρα καὶ τὸν μαθητὴν
παρεστῶτα ὃν ἠγάπα, λέγει τῇ μητρί· γύναι, ἴδε ὁ υἱός σου
26Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il
discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco il tuo
figlio!".
Gv 19,27: εἶτα λέγει τῷ μαθητῇ· ἴδε ἡ
μήτηρ σου. καὶ ἀπ’ ἐκείνης τῆς ὥρας ἔλαβεν ὁ μαθητὴς αὐτὴν εἰς τὰ ἴδια
27Poi disse al discepolo: "Ecco la tua madre!". E
da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.
Gv 20,2: 2τρέχει οὖν καὶ ἔρχεται πρὸς Σίμωνα Πέτρον καὶ πρὸς τὸν ἄλλον
μαθητὴν ὃν ἐφίλει ὁ Ἰησοῦς καὶ λέγει αὐτοῖς· ἦραν τὸν κύριον ἐκ
τοῦ μνημείου καὶ οὐκ οἴδαμεν ποῦ ἔθηκαν αὐτόν.
2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo,
quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal
sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!".
Gv 21,20: Ἐπιστραφεὶς ὁ Πέτρος βλέπει τὸν μαθητὴν
ὃν ἠγάπα ὁ Ἰησοῦς ἀκολουθοῦντα, ὃς καὶ ἀνέπεσεν ἐν τῷ δείπνῳ ἐπὶ τὸ στῆθος
αὐτοῦ καὶ εἶπεν· κύριε, τίς ἐστιν ὁ παραδιδούς σε
20Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel
discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suo fianco e
gli aveva domandato: "Signore, chi è che ti tradisce?".
Gv 21,24: Οὗτός ἐστιν ὁ μαθητὴς
ὁ μαρτυρῶν περὶ τούτων καὶ ὁ γράψας ταῦτα, καὶ οἴδαμεν ὅτι ἀληθὴς αὐτοῦ ἡ
μαρτυρία ἐστίν.
·
In Atti 9,36 leggiamo: “A Giaffa c'era una
discepola chiamata Tabità, nome che significa «Gazzella», la quale abbondava in
opere buone e faceva molte elemosine”. Il vocabolo utilizzato è proprio μαθητρια,
ad indicare un personaggio di sesso femminile;
· in greco i pronomi plurali maschili possono essere
utilizzati per descrivere un gruppo di persone che comprenda tanto soli uomini
quanto uomini e donne;
· nella lingua aramaica, quella che si parlava in
Galilea ai tempi di Gesù, non esisteva un vocabolo che traducesse il femminile
di discepolo;
· quando Giovanni indica il termine ‘discepoli’, l’esegesi
concorda che, visto che alla sequela di Gesù vi erano anche delle donne, ci si
potesse riferire sia a tutti discepoli uomini ma anche uomini e donne insieme;
· il μὲν del 24c si lega al δέ del successivo versetto
25 (da una parte... dall’altra), quindi da una parte i soldati che compiono
delle azioni (dinamismo) e dall’altra le donne, che stanno sotto la croce
(staticità): ciò richiama l’attenzione sulle donne ai piedi della croce[77].
Ecco allora che si profila la
seguente, possibile conclusione: Giovanni, così come gioca sul proprio nome e
su quello di Gesù, poiché in aramaico/ebraico non vi è un termine per indicare
‘discepolo’ al femminile, ha forse voluto anche qui giocare sull’anomalia
utilizzando ‘discepolo’ al maschile per indicare Maria Maddalena. Non
dimentichiamo inoltre che il linguaggio usato da Giovanni è un linguaggio
simbolico.
Ciò non sarebbe in contrasto con
l’ipotesi che il ‘discepolo amato’ è un discepolo che è in sequela Christi nel
senso più ampio e profondo di tale termine: ora è Giovanni, ora è Maria
Maddalena, ora è la madre di Gesù, ora è...
Infine è pur vero che io non conosco
ahimè il greco, ma in italiano la ripresa di un discorso come al “26 Gesù
dunque,” interpreto significhi: ‘vista la situazione descritta, Gesù...’ e
proseguirei dicendo ‘...si rivolse prima alla madre e poi alla Maddalena, la
quale stava a fianco della madre di Gesù’.
Ora, nel malaugurato caso che io
stessi morendo e avessi al capezzale mia madre e mia moglie, direi a mia madre:
“Mamma: da oggi lei, è <tuo
figlio>” e direi
a mia moglie: “Ecco tua madre”.
-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-
[66] Angelico
Poppi, “SINOSSI QUADRIFORME dei quattro vangeli (greco-italiano)”, ed.
Messaggero (PD), 2006, pag. 549.
[67]
Lc 24, 9-10: ”9 E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli
Undici e a tutti gli altri. 10 Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di
Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli”.
Se Clopa/Cleopa è Alfeo, fratello di San
Giuseppe e padre di Giacomo (fratello = cugino di Gesù), Maria di Giacomo che
torna dal sepolcro insieme a Maria di Magdala, Giovanna ed altre, essendo madre
di Giacomo a maggior ragione è moglie di Clopa (essendo essi padre e madre
dello stesso Giacomo) – esegesi cattolica.
[68] Mc 15,40;
Mt 27,55-56.
[69]
Angelico Poppi, “SINOSSI QUADRIFORME dei quattro vangeli (greco-italiano)”, ed.
Messaggero (PD), 2006.
[70]
Secondo il Poppi, qui Luca cita Sal (38,12): “Amici e compagni si scostano
dalle mie piaghe, i miei vicini stanno a distanza”.
[71]
Il Poppi, interpretando a quali donne Luca faccia riferimento, cita Lc 8,2-3: “2C'erano
con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da
infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demoni, 3Giovanna,
moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li
assistevano con i loro beni”.
[72]
Ricordiamo che il IV Vangelo apre molto alle donne, che nell’epoca erano tenute
in nessuna considerazione. Gesù era seguito da alcune donne, lo rileviamo ad
esempio in Mc 15, 40-41: “40 C'erano anche alcune donne, che stavano ad
osservare da lontano, tra le quali Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo il
minore e di Ioses, e Salome, 41 che lo seguivano e servivano quando era ancora
in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme”.
[73]
Edmondo Lupieri, “Una sposa per Gesù – Maria Maddalena tra antichità e
postmoderno”, ed. Carocci (FI), 1a ed., novembre 2017, pag. 23.
[74]
Pensiamo a Giovanni di Arimatea e Nicodemo, che addirittura devono andare prima
da Pilato per chiedere il permesso di tirar giù dalla croce Gesù e seppellirlo.
[75]
R. Schnackenburg: “COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO
TESTAMENTO – Il vangelo di Giovanni, parte terza, Ed. Paideia – Brescia, 1981,
pag. 449.
[76] Maria-Luisa
Rigato: “Giovanni l’enigma il Presbitero il culto il Tempio la cristologia”,
ed. EDB 2007, pag. 28.
[77]
R. Schnackenburg: “COMMENTARIO
TEOLOGICO DEL NUOVO TESTAMENTO – Il vangelo di Giovanni, parte terza, Ed.
Paideia – Brescia, 1981 – pag. 446.
-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-
APPENDICE 1 – GV 19, 25-27 – Analisi della sequenza
GV 19,25
|
PERSONAGGIO |
AZIONI |
LUOGO |
TEMPO |
MOTIVAZIONI |
|
sua madre (1) |
stava(no) |
presso la croce (1) |
ora |
|
|
la sorella di sua madre |
stava(no) |
presso la croce (1) |
ora |
|
|
Maria di Clopa |
stava(no) |
presso la croce (1) |
ora |
|
|
Maria Maddalena |
stava(no) |
presso la croce (1) |
ora |
|
(1)
Di Gesù
Interpretando che sotto la croce vi
fossero 3 donne, quindi Maria di Clopa sia la sorella della madre di Gesù,
abbiamo utilizzato lo stesso colore (azzurro) nella suddetta tabella, per
indicare che si tratta della stessa persona.
GV 19,26
|
PERSONAGGIO |
AZIONI |
LUOGO |
TEMPO |
MOTIVAZIONI |
|
Gesù |
vede la madre e il discepolo che amava |
(in croce) |
|
|
|
la madre |
|
|
|
|
|
il discepolo che amava |
stava accanto alla madre (1) |
|
|
|
|
Gesù |
dice alla madre «Donna, ecco tuo
figlio» (2) |
(in croce) |
|
|
(1) di Gesù
(2) probabile rif. a
Tobia 7,12
GV 19,27
|
PERSONAGGIO |
AZIONI |
LUOGO |
TEMPO |
MOTIVAZIONI |
|
(Gesù) |
dice al discepolo «Ecco la tua madre» |
in croce |
poi |
|
|
il discepolo |
la (1)
prese con sé (2) |
|
da quell’ora |
|
(1) la madre di Gesù
(2) probabile rif. a
Tobia 7,12

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