La pericope Gv 19,24c-27. Chi è il discepolo amato?



Spesso succede che anziché leggere un’opera di qualsivoglia autore, siamo tentati di leggere cosa altri abbiano commentato relativamente a quello scritto, al suo autore, al motivo ispiratore, riservandoci magari di leggere una sintesi preparata da qualcun altro e sfogliando solo distrattamente l’originale ma senza un vero interesse di che cosa effettivamente dica e ci voglia dire l’autore.
Con il giusto approccio invece scopriamo che i libri, in particolare i Vangeli, ci dicono cose che nelle precedenti letture non avevamo visto, capito o neanche preso in considerazione e ci stupiamo del fatto che, leggendo un capitolo, una pericope, ci accorgiamo che ciò che pensavamo dicesse non è quello che il testo effettivamente dice.
Certamente ci sono le interpretazioni del nostro Magistero, che ispirato dallo Spirito Santo è il solo in grado di spiegarci il significato della Parola di Dio, ma esso stesso, anche a volte tramite la voce dei Papi, rimanda agli esegeti l’approfondimento di alcuni aspetti o redimere questioni che, comunque, non alterano il significato profondo dell’insegnamento di Nostro Signore.
È con codesto spirito che il breve studio qui presentato, vuole tentare di affrontare i versetti 24c-27 del capitolo 19 del Vangelo secondo Giovanni.

1. APPROCCIO E TESTO

L’approccio utilizzato per la lettura della pericope Gv 19, 24c-27 è quello sincronico e sarà effettuata una minima analisi narrativa per cercare di esporre oggettivamente ciò che il testo riporta, abbozzando alcune considerazioni degli studiosi ed una personale interpretazione dello scrivente.
Il testo viene anche riportato in Greco antico (1) e la fonte utilizzata per la traduzione utilizzata, sarà di volta in volta indicata. 
Il blocco narrativo analizzato è quello delle donne ai piedi della croce e le parole di Gesù a Maria e al discepolo amato e ritengo debba iniziare al vs (2) 24c e non al 25 in quando la particella δε compare in compagnia di μεν che troviamo al vs 24c: siamo quindi di fronte ad una coppia di particelle correlative che da una parte mettono a confronto due gruppi diversi (i quattro soldati e le possibili quattro donne sotto la croce (3)). Il suggerimento, emerso durante la lettura dal Greco del capitolo 19, viene da mia figlia (che conosce il greco antico) e trova autorevole riscontro nel libro di Rudolf Schnackenburg il quale evidenzia che l’uso delle particelle correlative è tipico di Giovanni nel contrapporre persone o gruppi (es. Gv 7,12; 10,41; 19,32-33, oltre al presente 19,24-c,25) e nel contesto specifico, richiamerebbe l’attenzione sulle donne ai piedi della croce (4).

1.1 Il testo: Gv 19, 24c-27

Leggiamo il testo Gv 24c, 27, traducendo con un vocabolario della lingua Greca (5):
24c: οι {i} μεν {-} ουν {dunque} στρατιωται {soldati} ταυτα {queste cose} εποιησαν {fecero}

25: ειστεκεισαν {stavano} δε {invece} παρα {presso} τω {alla} σταυρω {croce} του {di} ιησου {Gesù} η {la} μητερ {madre} αυτου {sua} και {e} η {la} αδελφη {sorella} της {di} μετρος {madre} αυτου {sua} μαρια {Maria} η {la} του {di} κλωπα {Clopa} και {e} μαρια {Maria} η {la} μαγδαληνη {maddalena}

26: ιησους {Gesù} ουν {dunque} ιδων {vedendo} την {la} μετερα {madre} και {e} τον {il} μαθητην {discepolo} παρεστωτα {collocato presso} ον {che} ηγαπα {amava} λεγει {dice} τη {alla} μητρι {madre} γυναι {donna} ιδε {ecco} o {il} υιος {figlio} σου {tuo}

27: ειτα {poi} λεγει {dice} τω {al} μαθητη {discepolo} ιδε {ecco} η {la} μητερ {madre} σου {tua} και {e} απ {da} εκεινης {quel} της {della} ωρας {ora} ελαβεν {prese} ο {il} μαθητης {discepolo} αυτην {lei} εις {in} τα {le[cose]} ιδια {proprie}


1.2 Analisi delle sequenze

Analizziamo ora le quattro sequenze (scene) della pericope:

PERSONAGGI        AZIONI                        LUOGO                    TEMPO            MOTIVAZIONI
i soldati                    queste cose fecero    presso la croce    dunque            [spartirsi le vesti ed
                                                                                                                               accaparrarsi la tunica]
sua madre                stava                          presso la croce                             [stare accanto a Gesù]
                                                                      di Gesù

la sorella                  stava                          presso la croce                             [stare accanto a Gesù]  
di sua madre                                              di Gesù

Maria di Clopa         stava                          presso la croce                             [stare accanto a Gesù]  
                                                                      di Gesù

Maria la Maddalena stava                          presso la croce                             [stare accanto a Gesù]  
                                                                        di Gesù

Gesù                         vedendo la madre    [sulla croce]
                                 e il discepolo che
                                 amava                        

[Gesù]                    dice alla madre           [sulla croce]                                [affidamento/testamento]
                               "donna ecco il figlio
                                tuo”

[Gesù]                    dice al discepolo          [sulla croce]                                 [affidamento/testamento]
                               "ecco la madre tua”

Il discepolo            prese la madre            in le cose proprie    da quel
[amato]                                                                                            della ora

Si nota immediatamente la tensione che si crea tra il vs 25 ed il successivo 26: dopo che l’attenzione è stata catturata sulle donne (utilizzo di μεν...δε) ecco che si giunge ad un vero e proprio inciampo nella narrazione: nella scena del vs 25 ci sono quattro donne (abbracciamo la tesi del contrasto con i quattro soldati, anche se il numero di donne sulla scena non influisce sul ragionamento) ed accanto a Maria madre di Gesù vi dovrebbe essere una delle altre donne (o meglio, magari una alla sinistra e una alla destra di Maria nel caso in cui fossero presenti almeno tre). Ma nel vs 26 improvvisamente compare il discepolo amato, il quale sembra appartenere al sesso maschile ed è collocato vicino a Maria madre di Gesù (fino ad un momento prima, accanto a lei vi dovrebbero essere una o due o tre donne).


2. QUESTION & ANSWER

2.1 Discepolo? Discepola?

Ora, il contrasto è particolarmente evidente se ci poniamo la seguente domanda: “nel vs 25 quale discepolo di Gesù è presente tra colori i quali, secondo Giovanni, stanno presso la croce?” Abbiamo due possibili risposte:
  • nessuno (di sesso maschile);
  • almeno uno (di sesso femminile).
I sinottici ci parlano di donne che “osservavano da lontano” (6) rispetto la croce e dalla traduzione del Poppi (7) abbiamo quanto segue:

Mc 15,40: Ora, c’erano anche delle donne, che osservavano da lontano, tra le quali anche Maria Maddalena e Maria di Giacomo il Minore e madre di Giosè e Salome.

Mt 27, 55-56: 55 Ora, c'erano là molte donne, che osservavano da lontano, le quali avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo; 56 tra le quali c’era(no) Maria Maddalena e Maria di Giacomo e madre di Giosè, e la madre dei figli di Zebedeo.

Lc 23,49: Ora, stavano (lì) tutti i suoi conoscenti, da lontano (8), e delle donne che lo avevano accompagnato dalla Galilea, che vedevano queste cose (9).
Luca è l’unico che lascia aperta la possibilità che tra i conoscenti vi fossero anche uomini (comunque osservanti da lontano).

Ci poniamo ora una seconda domanda: “una presenza maschile sotto la croce, non avrebbe dato fastidio ai soldati romani i quali non erano certo teneri di cuore nel vedere seguaci di Cristo in giro dopo la salita al Calvario?” Ricordiamo a questo proposito che per aiutare Gesù a portare la croce viene fatto intervenire un perfetto sconosciuto (Simone di Cirene) e non un discepolo od un apostolo che stesse seguendo la processione (molto probabilmente, infatti, non sarebbero stati ben tollerati dai Romani). Pensiamo inoltre a Giuseppe d’Arimatea e a Nicodemo, i quali dovranno avere il permesso di Pilato per poter tirar giù dalla croce il corpo di Gesù e seppellirlo. Sulla stessa linea in favore dell’osservazione da lontano è anche lo Schnackenburg “(infatti gli uomini di guardia difficilmente avrebbero lasciato avvicinare gli spettatori)” (10). Giovanni in ogni caso non si preoccupa della verosimiglianza storica: a lui interessa il significato più profondo della scena (11).

Si potrebbe in ogni caso obiettare che il sostantivo con cui è reso “discepolo”, sia maschile e non femminile. Corretto, infatti è maschile in tutti e sei i versetti del IV Vangelo in cui esso compare: (12)

Gv 13,23: ἦν ἀνακείμενος εἷς ἐκ τῶν μαθητῶν αὐτοῦ ἐν τῷ κόλπῳ τοῦ Ἰησοῦ, ὃν ἠγάπα ὁ Ἰησοῦς
{era giacente (a mensa) uno de i discepoli di lui su il petto di Gesù, colui che amava - Gesù}(13)

Gv 19,26: (vedasi traduzione più sopra riportata)
Gv 19,27: (vedasi traduzione più sopra riportata)

Gv 20,2: τρέχει οὖν καὶ ἔρχεται πρὸς Σίμωνα Πέτρον καὶ πρὸς τὸν ἄλλον μαθητὴν ὃν ἐφίλει ὁ Ἰησοῦς
καὶ λέγει αὐτοῖς· ἦραν τὸν κύριον ἐκ τοῦ μνημείου καὶ οὐκ οἴδαμεν ποῦ ἔθηκαν αὐτόν {Corre allora e viene da Simon Pietro e da l'altro discepolo che amava - Gesù, e dice a loro Hanno tolto il Signore da il sepolcro e non sappiamo dove hanno posto lui} (14)

Gv 21,20: Ἐπιστραφεὶς ὁ Πέτρος βλέπει τὸν μαθητὴν ὃν ἠγάπα ὁ Ἰησοῦς ἀκολουθοῦντα, ὃς καὶ ἀνέπεσεν ἐν τῷ δείπνῳ ἐπὶ τὸ στῆθος αὐτοῦ καὶ εἶπεν κύριε, τίς ἐστιν ὁ παραδιδούς σε {Essendosi voltato - Pietro scorge il discepolo che amava – Gesù che stava seguendo, che anche si era inclinato in il banchetto su il petto di lui e aveva detto: Signore, chi è il consegnante te?} (15)

Gv 21,24: Οὗτός ἐστιν ὁ μαθητὴς ὁ μαρτυρῶν περὶ τούτων καὶ ὁ γράψας ταῦτα, καὶ οἴδαμεν ὅτι ἀληθὴς αὐτοῦ ἡ μαρτυρία ἐστίν {Questi è il discepolo quello testimoniante circa queste cose e l’avente scritto queste cose e sappiamo che vera di lui la testimonianza è}

Se in greco si fosse voluto utilizzare il sostantivo al femminile (discepola), avremmo letto μαθητρια
come ad esempio leggiamo in AT 9,36:

Ἐν Ἰόππῃ δέ τις ἦν μαθήτρια ὀνόματι Ταβιθά, ἣ διερμηνευομένη λέγεται Δορκάς· αὕτη ἦν πλήρης ἔργων ἀγαθῶν καὶ ἐλεημοσυνῶν ὧν ἐποίει {In loppe ora una certa c'era discepola di nome Tabita che interpretata si dice Gazzella. Essa era piena di opere buone e di elemosine che faceva}. (16)
Ma occorre osservare due elementi delle lingue di quel periodo: l’aramaico (la lingua comunemente parlata dal popolo della Palestina al tempo di Gesù), l’ebraico (utilizzato soprattutto nella lettura dei testi sacri) e il greco Koiné, ossia comune, lingua greca che si era affermata si dal IV sec. a.C. in tutto il bacino del Mediterraneo ed è a quest’ultima che dobbiamo la stesura dei testi neo-testamentari.
Bene, nella lingua aramaica, non esisteva un vocabolo che traducesse il femminile di discepolo e nemmeno in ebraico: considerando in quanta considerazione fossero tenute allora le donne in giudea e zone limitrofe è anche comprensibile. Nella lingua greca, d’altro canto, i pronomi plurali maschili possono essere utilizzati per descrivere un gruppo di persone che comprenda tanto soli uomini quanto uomini e donne.
Entrambe le spiegazioni, non motivano però ancora a sufficienza la possibilità che Giovanni intendesse in quel frangente una “discepola amata”. Leggendo il testo della Rigato (17) veniamo a conoscenza di una sua indicazione la quale, ricordandoci che numeri e nomi in ebraico hanno dei significati che non sono sempre evidenti ai profani, fa un accostamento tra il nome di Giovanni (Jôhanan o Jᵉhôhanan, che significa ‘il Signore ha fatto grazia’) con il nome di Gesù (Jeshû’a o Jᵉhôshu’a, ‘YHWH salva’) e il verbo graziare = hanan e la similitudine con amare = ahab). Pertanto il discepolo che Gesù amava sarebbe una perifrasi del nome stesso ‘Giovanni’ (18) . Ci domandiamo allora: “poiché né in aramaico né in ebraico esiste il sostantivo femminile ‘discepola’, potrebbe Giovanni, così come probabilmente gioca sul proprio nome e su quello di Gesù, voler giocare sulla mancanza del termine ‘discepola’ nelle lingue semitiche e utilizzare in greco ‘discepolo’ al maschile per indicare in quella situazione Maria Maddalena?”.

3. CONCLUSIONI

3.1 Chi è il discepolo amato?

Nel testo di Mateos e Barreto (19) troviamo, espresso in mirabile sintesi, una possibile risposta a chi fosse tale discepolo; leggiamo:

Un caso di particolare interesse è quello del discepolo che Gesù amava, figura anonima che rappresenta il discepolo o la comunità, in quanto amici di Gesù; è il discepolo che sperimenta il suo amore e gli corrisponde (18, 15 Lett.), quello che giunge per primo alla fede nella risurrezione (20, 8) e percepisce la presenza di Gesù nel frutto del lavoro (21, 7). Questo discepolo servirà, inoltre, da termine positivo in ripetuta opposizione con Simon Pietro (13, 23ss; 18, 15; 20, 3ss; 21, 7. 20-23).
Ecco, il discepolo amato è colui il quale china il capo sul petto di Gesù, come Gesù si china sul seno del Padre; è colui il quale compie un passo in più rispetto a Pietro, nella sequela del Signore, e con quel gesto del discepolo nell’ultima cena, Gesù rivela il nome del traditore e, più in generale, si auto-rivela a chi lo ama veramente, a chi gli apre il cuore e lo testimonia vivendo i Suoi insegnamenti. 

Sia per il nostro ragionamento esposto nel presente lavoro che per le indicazioni degli esegeti citati la nostra conclusione è che il discepolo amato sia potenzialmente ciascuno di noi. Il discepolo amato è infatti una figura teologica che assolve ad una specifica funzione: quella rappresentata dal discepolo che in un certo momento è in piena e profonda comunione con Cristo, lo ama ed è amato, tanto da chinare il suo capo sul petto del Signore. L’invito è rivolto dall’autore anche a tutti noi, che dobbiamo avere come obiettivo la sequela Christi, preoccupandoci di camminare al Suo seguito e sforzandoci un giorno di essere in grado di chinare il capo sul Suo petto. Pertanto, proprio per questa funzione svolta dal discepolo amato, ora egli è Giovanni, ora è la madre di Gesù, ora è Pietro quando vede con gli occhi della fede, ora è Paolo, ora è Maria Maddalena.

Infine, nel malaugurato caso che io stessi morendo e avessi al capezzale mia madre e mia moglie, direi a mia madre: “Mamma: da oggi lei, è tuo figlio” e direi a mia moglie: “Ecco tua madre”.

BIBLIOGRAFIA
Rudolf Schnackenburg: “COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO TESTAMENTO – Il vangelo di Giovanni, parte terza”, Ed. Paideia – Brescia, 1981.

Franco Montanari, “VOCABOLARIO DELLA LINGUA GRECA”, Ed. Loescher -Torino, 1995.

Angelico Poppi, “SINOSSI QUADRIFORME dei quattro vangeli (greco-italiano)”, ed. Messaggero (PD), 2006. 

“NUOVO TESTAMENTO interlineare – Greco Latino Italiano”, Edizioni San Paolo, 2° ed. febbraio 1999 (Testo greco di Nestle-Aland).

Maria-Luisa Rigato: “Giovanni l’enigma il Presbitero il culto il Tempio la cristologia”, ed. EDB 2007.

J. Mateos – J. Barreto: “IL VANGELO DI GIOVANNI analisi linguistica e commento esegetico”, CITTADELLA EDITRICE, quarta edizione gennaio 2000, pag. 19.

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(1) Riportiamo il Greco antico utilizzando il font Greco di Word, senza spiriti ed accenti e senza segni di interpunzione (così come doveva essere anche il testo in origine). Ove il testo greco sia invece  esplicitamente preso da un testo esso sarà riportato e trascritto come compare in quel testo.
(2) Versetto.
(3) Non è riportata nel presente scritto l’analisi completa sull'effettivo numero di donne sotto la croce: due (possibile ma non argomentabile in quanto implicherebbe Maria Maddalena come sorella/cognata di Maria), tre (possibile, con il terzo personaggio – Maria di Clopa – come sorella/cognata di Maria), quattro (in contrapposizione ai quattro soldati: due non esplicitamente nominate e due nominate).
(4) Rudolf Schnackenburg: “COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO TESTAMENTO – Il vangelo di Giovanni, parte terza”, Ed. Paideia – Brescia, 1981, pag. 446. (L’autore è stato definito da Papa Benedetto XVI "probabilmente il più significativo esegeta cattolico di lingua tedesca della seconda metà del XX secolo").
(5) Franco Montanari, “VOCABOLARIO DELLA LINGUA GRECA”, Ed. Loescher -Torino, 1995.
(6) Mc 15,40; Mt 27,55-56.
(7) Angelico Poppi, “SINOSSI QUADRIFORME dei quattro vangeli (greco-italiano)”, ed. Messaggero (PD), 2006.
(8) Ibidem. Secondo il Poppi, qui Luca cita Sal (38,12): Amici e compagni si scostano dalle mie piaghe, i miei vicini stanno a distanza.
(9)  Ibidem. Il Poppi, interpretando a quali donne Luca faccia riferimento, cita Lc 8,2-3: 2 C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demoni, 3 Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni.
(10) R. Schnackenburg: “COMMENTARIO TEOLOGICO DEL NUOVO TESTAMENTO – Il vangelo di Giovanni, parte terza, Ed. Paideia – Brescia, 1981, pag. 449.
(11) Ibidem.
(12) Per i passi qui citati, tranne Gv 19,26-27 di cui riportiamo la traduzione già precedentemente presentata, utilizziamo la traduzione presa dal “NUOVO TESTAMENTO interlineare – Greco Latino Italiano”, Edizioni San Paolo, 2° ed. febbraio 1999 (Testo greco di Nestle-Aland).
(13) Ibidem, pag. 904.
(14) Ibidem, pag.962.
(15) Ibidem, pag. 978.
(16) Ibidem, pag. 1070.
(17) Maria-Luisa Rigato: “Giovanni l’enigma il Presbitero il culto il Tempio la cristologia”, ed. EDB 2007.
(18)  Ibidem, Pag. 28.
(19) J. Mateos – J. Barreto: “IL VANGELO DI GIOVANNI analisi linguistica e commento esegetico”, CITTADELLA EDITRICE, quarta edizione gennaio 2000, pag. 19.






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