Gli attributi di Dio
Sommario
Tema 7 – Attributi di Dio
Premessa
La Sacra Scrittura ci presenta Dio cercando di descriverlo
con degli attributi: una difficoltà enorme in quanto dare connotazioni all’Increato
basandosi su paragoni antropomorfici non è di per sé sufficiente, sino a che
non si potrà trovare un effettivo riscontro nel Figlio; infatti: “Dio,
nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del
Padre, è lui che lo ha rivelato”[1].
D’altro canto, Nostro Signore, non ha tenuto conferenze
metafisiche e antropologiche sul tema ‘Caratteristiche di Dio’, quindi tutto
ciò che possiamo dire deriva dalle Scritture e dalla Tradizione, che procedendo
da Cristo e gli Apostoli, i Padri Apostolici, i Padri della Chiesa, i Vescovi e
il Magistero arriva per successione episcopale sino ai giorni nostri immutata,
ma non statica, in quanto arricchita dalla riflessione della Chiesa viva.
Precisiamo che col sostantivo ‘Dio’ intendiamo Dio Trinità
(Padre, Figlio e Spirito Santo). Se nella Sacra Scrittura viene indicato un
riferimento specifico ad una delle tre Persone della Santissima Trinità, esso sarà
ovviamente riportato. Parleremo allora
di Dio Figlio, o semplicemente Figlio, Gesù, Cristo, Messia; parleremo di Dio
Spirito Santo, o semplicemente Spirito Santo o Spirito (come ad esempio è
citato in vari passi dell’Antico e Nuovo Testamento).
Suddividiamo gli attributi
Innanzitutto dobbiamo comprendere che cosa si intenda per attributo:
Aristotele, padre della metafisica, spiega che l’attributo assegna una
caratteristica essenziale alla sostanza[2],
diversamente l’accidente esprime una qualità che può esserci o non
esserci.
Per cercare di mettere ordine, proviamo poi a suddividere gli
attributi in due classi: attributi assoluti ed attributi morali e
li assegniamo a ciascuna classe. Ovviamente non pretendiamo di categorizzare in
alcun modo Dio, ma facciamo comunque un tentativo.
Attributi assoluti
Gli attributi assoluti che indichiamo sono i seguenti:
·
onnipotenza;
·
spiritualità;
·
infinità / eternità;
·
unità;
·
onnipresenza;
·
onniscienza.
Attributi morali
Per indicare gli attributi morali usiamo la formulazione ‘Dio
è’. Gli attributi morali che indichiamo sono i seguenti:
Dio è:
·
santo;
·
amore;
·
fedele;
·
perfetto.
ATTRIBUTI ASSOLUTI
Onnipotenza
Se parliamo degli attributi di Dio ci viene spontaneo aprire
innanzitutto il libro di Genesi (bereshit[3]
in ebraico traslitterato) e vedere cosa inizialmente si dica di Dio. Avremmo
fatto così per qualsiasi biografia di autore: saremmo andati alla prima pagina
del suo scritto per immergerci nella lettura e scoprire cosa egli voglia far
sapere di sé e cosa abbia da dirci.
“Dio
creò”, “Dio disse...e fu”.
Questo è già sufficiente a darci un’immagine di Dio come
nessun altro ha mai potuto evocare in noi: Dio crea. Dal nulla. Non entriamo in
disquisizioni metafisiche sul concetto di ‘creazione dal nulla’ in quanto la
nostra concentrazione è sugli attributi di Dio e non dimostrare cosa fece, come
e quando.
Dio crea e come crea? Dicendo, realizzando ciò che la sua
‘mente[4]’
e la sua ‘volontà’ decidono. Con la Parola. Gli ebrei traducono il concetto con
‘dabar’, che significa ‘parola-fatto’: Dio compie ciò che dice; questa
particolarità merita senz’altro di essere menzionata in quanto si riferisce ad
un modo di essere di Dio, ad una sua qualità, caratteristica, quindi in qualche
modo un attributo che caratterizza un suo modo di agire. Ora, la nostra
religione spiega diversamente il concetto di Parola, con quello di Logos che
non è una semplice traduzione in greco ma riguarda una parte fondamentale della
Teologia cristiana: il Logos esisteva ‘in principio di’, era presso Dio e il
Logos era Dio[5] e tutto
è stato fatto per mezzo di lui[6].
Certamente quanto detto va riassunto in un meglio specificato
attributo di Dio, che rappresenta anche molto altro, tutto lo scibile naturale
e soprannaturale, immanente e trascendente: l’attributo Onnipotente.
Nelle nostre Bibbie troviamo un primo accenno a tale termine
quando Dio si presenta ad Abramo: «Io sono Dio l’Onnipotente». In realtà la traduzione dall’originale ebraico
è forse un tantino forzata, in quanto certo esprime un attributo di Dio:
l’onnipotenza, ma sicuramente una categoria difficilmente riscontrabile nella
lingua ebraica del tempo (per Genesi parliamo verosimilmente dell’epoca
dell’esilio babilonese, tra il VII e il VI sec a.C.) e altrettanto
difficilmente comprensibile ad un uomo (Abramo) proveniente da Ur dei Caldei il
quale, essendo Sumero, aveva ben altre divinità e categorie religiose, legate alla
terra, alla montagna, agli alberi, alla steppa etc., come lo erano i Baal
siro-cananei e fenici, divinità legate alla materia.
Dunque Dio, che si è rivelato gradualmente all’uomo, certo
non poteva presentarsi ad Abramo dicendo: “Siamo una Trinità” o quanto meno presentarsi
con categorie che richiedano una conoscenza anche metafisica per essere
comprese: eterno, onnisciente, infinito, onnipotente. Nel testo masoretico
troviamo infatti אל שד [7] che suonerebbe come ‘El[8]
della montagna’ secondo l’accadico Shadû anche se sarebbe preferibile[9]
‘Dio della steppa’, secondo l’ebraico traslitterato shadeh. Quindi
appellativi corrispondenti al modo di vita dei nomadi e quindi certamente più comprensibili
ad Abramo.
Non ci soffermeremo su di un’analisi di questo tipo per tutti
gli attributi, concentrandoci maggiormente su ciò che ci riguarda come
cristiani, con le verità tramandate e ricevute via Sacra Scrittura e Tradizione
e correttamente interpretate, custodite ed esposte dal Magistero della Chiesa[10].
Dio è, lo dice Egli stesso quando comunica il suo santo nome
a Mosè: «Io sono colui che sono!»[11],
«...Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe...»[12].
In Dio l’atto d’essere[13]
coincide con l’essenza[14]:
l’essere sussistente è infinito, in Dio; la sua esistenza non è causata né da
un agente esteriore né dai principi essenziali della cosa stessa. Non avendo
infatti, l’essenza distinta dall’esistenza, Dio è la prima causa efficiente[15].
Possiamo quindi esplicitare il concetto di Onnipotenza di Dio[16]
nei seguenti termini:
·
creazione dal nulla – solo un essere che è ‘primo motore immobile’, che è
puro atto d’essere può dare l’esistenza a ciò che è astratto, a ciò che è nella
Sua mente e comincia ad esistere quando Egli lo crea;
·
potenza attiva – la natura divina ha quindi la capacità di creare ciò che
non c’è; quindi in Dio c’è una potenza attiva, attivatrice, creatrice,
generatrice, cui ci riferiamo quando cerchiamo di esprimere l’attributo di onnipotenza
di Dio;
·
nulla è impossibile a Dio[17] - forse è questa la più lampante interpretazione
dell’onnipotenza di Dio: l’incarnazione, il Dio trascendente che si fa carne,
che si fa natura umana è l’esempio che ci proviene dall’Arcangelo Gabriele,
così come lo è la resurrezione di Cristo, vero Dio e vero uomo, morto e
risorto.
L’onnipotenza di Dio è quindi:
·
Illimitata
·
Irresistibile
·
Preservatrice
Illimitata
Premesso che Dio ne contraddice sé stesso ne compie attività
contrarie alla Sua natura, la Sua onnipotenza supera i limiti del nostro
pensiero umano e a lui nulla è impossibile[18]
(riferimenti già più sopra citati). Per
S. Paolo Dio è colui il quale “in tutto ha potere di fare molto più di
quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi”[19].
Irresistibile
L’Antico Testamento ci ricorda come alla potenza di Dio,
‘Signore degli eserciti’[20]
nessuno può opporre contrasto: gli Assiri che prima hanno soggiogato il regno
del Nord (Israele) e poi quello del Sud (Giuda) non potranno in alcun modo far
ritirare la mano del Signore[21].
Nulla sfugge al controllo di Dio: neanche Satana, l’oppositore, il ribelle per
eccellenza può fare alcunché senza che l’Onnipotente glielo consenta.[22]
Preservatrice
La vita, il Creato intero sono dono di Dio, gratuito, del Suo
amore. La vita dell’uomo è donata, preservata e sostenuta da Dio. Leggiamo
della lettera agli Ebrei che Il Figlio “è irradiazione della sua gloria e
impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola”[23]
e “noi siamo stirpe di Dio”[24]
o come ci ricorda Daniele: parlando del vero Dio: “nelle cui mani è la tua
vita e a cui appartengono tutte le tue vie”[25].
Spiritualità
“Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in
spirito e verità”[26]. In quanto spirito, Dio è incorporeo
ed invisibile (ma può incarnarsi, come il Figlio ha fatto per la
redenzione e salvezza dell’uomo). Grazie a Gesù, che ci ha mostrato il volto
del Padre, abbiamo un’immagine umana di Dio, che si rispecchia nel volto Santo
del Figlio. Le teofanie, ossia le manifestazioni di Dio che si mostra all’uomo
nella storia (es. ad Adamo, Abramo, Mosè) non vogliono dire che Dio si sia
mostrato così come Egli è, ma che può aver assunto forme antropomorfe o
caratteristiche umane (es. una voce) per comunicare con i Patriarchi e poi
servendosi dei profeti, sino a mostrarsi in forma umana nel Figlio amato.
Infinità / eternità
Possiamo sintetizzare il riferimento a tale attributo da due
punti di vista: in relazione allo spazio (infinità) ed in
relazione al tempo (eternità).
Infinità: questo concetto non è facilmente esprimibile, in quanto si corre il
rischio di cadere nel panteismo (dal greco traslitterato ‘pan’= tutto e
‘Theos’= Dio. Dio è tutto). Ciò porta all’errore di chi intende che Dio sia
immanente, cioè in ogni cosa (un po' il concetto già citati delle divinità Baal
siro-cananee e fenicie) arrivando poi alla conclusione che Dio coincida con la
natura, con l’intero Universo (Deus sive Natura[27]).
Dio è trascendente, nel senso che trascende l’Universo:
quando Dio lo ha creato, non ha limitato sé stesso, non ha ‘fatto posto’
all’Universo. Solo capendo questo concetto si può arrivare a comprendere come
tre infiniti (le tre Persone della Santissima Trinità) possano ‘condividere’
l’infinito (che essendo infinito è uno, per definizione). Quest’ultimo punto è
stato spiegato dottrinalmente con la ‘pericoresi’, dottrina che
fa capo a Giovanni Damasceno la quale spiega la mutua compenetrazione senza
mescolanza delle tre persone divine[28].
Gesù lo dice chiaramente a Filippo e ai presenti, quando questi gli chiede di
mostrar loro il Padre: «Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me»[29].
Già Salomone aveva compreso che Dio non può essere limitato
spazialmente, quando parlando del Tempio che egli fece costruire per YHWH
disse: «Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco i cieli e i cieli
dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruita!»[30].
Eternità: in relazione al tempo Dio è eterno. Troviamo tale concetto in Esodo: “Il
Signore regna in eterno e per sempre”[31],
in Deuteronomio (“le sue braccia eterne”[32]),
in Geremia: “Il Signore, invece, è il vero Dio, egli è Dio vivente e re
eterno”[33].
Dio non è soggetto a limitazioni naturali, quindi non lo è dallo
spazio come non lo è dal tempo. Ma il concetto metafisicamente è ancor più di
vasta portata del leolam (traslitterato ebraico) che Israele usava per
indicare un tempo non ben definito, una sorta di distanza da coprire tra noi e
l’evento futuro, un tempo ancora che doveva venire per cui non conoscendone la
venuta era molto ‘lontano’. L’eternità di Dio, inoltre non indica solo che non
ha fine, ma anche che non ha principio. Il tempo infatti è iniziato con il
primo istante dell’Universo, quando le leggi pensate da Dio hanno contribuito
alla trasformazione della materia e dato il primo giro di inizio alla grande
clessidra. Citiamo le parole di Nostro Signore: «Il cielo e la terra
passeranno, ma le mie parole non passeranno»[34] e concludiamo ricordando che nel nome che Dio comunica a
Mosè, c’è l’indizio della sua eternità: il Nome, infatti, significa “Io sono
colui che era, che è e che sarà”.
Unità
“Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è
uno solo”[35], pregano gli Ebrei nello Shemà[36]
. La storia religiosa degli ebrei parte dal politeismo, passando attraverso una
monolatria[37] ed
approdando infine al monoteismo. Questo è sicuramente uno dei riferimenti più
importanti per il tema dell’unità che troviamo nell’AT. Tra gli altri occorre
citare «non avrai altri dei di fronte a me»[38],
sino ad arrivare alla prima lettera a Timoteo in cui San Paolo conclude
l’avvertimento a Timoteo dicendo: «Al Re dei secoli incorruttibile, invisibile
e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen»[39].
L’unità di Dio per noi cristiani è dell’unica sostanza
divina, quindi un’unità composta (non assoluta) in quanto tre sono le Persone
divine e distinte.
Onnipresenza
Dopo aver parlato dell’infinità e dell’eternità è sia facile
che difficile parlare dell’onnipresenza. Chiarito infatti che Dio non coincide
con l’Universo, ciò non significa che Egli non possa essere presente in esso in
quanto essendo onnipotente la Sua natura non ha alcuna delle limitazioni
imposte da ciò che Egli stesso ha creato. Ovviamente gli interventi di Dio
possono sospendere le leggi naturali, oltrepassarle (pensiamo ad esempio al
Signore risorto che entra nel cenacolo “a porte chiuse”[40])
oppure rispettare le leggi stesse. In ogni caso, poiché Dio è Dio, può agire
come meglio crede senza che nessuno possa, certamente, suggerirgli quale sia il
modo migliore di intervenire nel Creato. Quindi affrontiamo questo punto non dal
punto di vista fisico o metafisico sulle modalità della Sua presenza, bensì dal
punto di vista della fede; infatti ove la ragione non arriva, non abbiamo,
grazie a Dio, soluzione migliore.
Diciamo quindi che l’onnipresenza di Dio è:
·
illimitata - non esiste luogo dove ci si possa nascondere dal cospetto
di Dio: nella Genesi troviamo il primo riferimento a questo, ossia Adamo che
dopo aver peccato cercò di nascondersi alla vista di Dio che lo chiamò a gran
voce: «Dove sei? »[41];
·
inevitabile - Caino uccide Abele ma il suo delitto non sfugge a Dio: “Allora
il Signore disse a Caino: «Dov'è Abele, tuo fratello?»”[42];
·
intimorente – partiamo da cosa non sia: non è il ‘timor di Dio’, dono
dello Spirito Santo che ci fa comprendere di essere creature ed in quanto tali
dobbiamo un doveroso e umile rispetto al nostro Creatore e dobbiamo far di
tutto per piacergli. Qui intendiamo invece esprimere quel sentimento di
angoscia e di riluttanza che abbiamo in noi stessi quando commettiamo un
peccato che offende Dio. Come abbiamo già detto per Adamo e per Caino, il loro
peccato li pone in un atteggiamento che non è più amicizia ed amore figliale con
Dio, bensì di vergogna e paura (Adamo) o di superbia e sfrontatezza (Caino);
·
corporalmente – nell’incarnazione del Figlio, cui abbiano già accennato. E
poiché Dio è in Lui ed Egli è nel Padre, noi siamo in Lui e tramite Lui, nel
Padre. Gesù è infatti l’Emmanuele, ‘Dio con noi’;
·
presenzialmente – nella Sua Chiesa. Come ci ha detto Gesù stesso: «Perché
dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»[43]
e come ci insegna S. Paolo: “Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni
e gli altri, al Padre in un solo Spirito”[44].
Onniscienza
Ricordo una filastrocca che recitavamo da ragazzi
all’oratorio, che deriva da un proverbio arabo: “Una formica nera su una
pietra nera in una notte nera, Dio la vede”. Questa pillola di saggezza
popolare ci fa comprendere come Dio conosca tutto (vedi i già citati peccati di
Adamo e Caino) e veda tutto. Dunque l’onniscienza di Dio è:
·
infinita – la conoscenza di Dio non ha limiti e non è acquisita ma fa
parte della natura divina;
·
accurata – non nel senso umano del termine (precisa, per
intenderci) ma nel senso che Dio vede e conosce l’animo dell’uomo;
·
penetrante – Dio conosce i nostri pensieri. Ecco perché nel confiteor
preghiamo “ho molto peccato in pensieri, parole, opere ed missioni”: perché un
peccato commesso col nostro pensiero è conosciuto a Dio e dobbiamo confessarlo.
Gesù infatti ci ha insegnato proprio questo quando ha insegnato: «Avete
inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda
una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore»[45];
·
perfetta – la conoscenza di Dio è istantanea, precisa, retta: non ha
bisogno di ragionare o di scoprire le cose o, come noi, di apprenderle
gradualmente. Egli conosce istantaneamente passato, presente e futuro.
ATTRIBUTI MORALI
Dio dona la vita a tutti gli esseri viventi; tra questi,
l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza[46]
di Dio: oltre al libero arbitrio è dotato di facoltà superiori (facoltà
dell’anima) che sono intelletto e volontà. L’uomo partecipa alla grazia donata
gratuitamente da Dio il quale ci ha fatto partecipi della Sua natura divina[47].
Dio è: SANTO
Il significato ebraico[48]
di ‘Santo’ è ‘separato’, ‘tagliato fuori’, ‘che si distingue dal resto’,
‘appartato’. Nel roveto ardente (già più sopra citato) Dio dice a Mosè: «Non
avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è
una terra santa!»[49].
L’uomo infatti è separato da Dio sino a che non comprende di dover entrare in
relazione con lui, avvicinarsi e rendersi degno di attraversare quel confine
che lo separa dalla santità. Avendo come obiettivo la condivisione della gioia
eterna di Dio, la beatitudine nel contemplare il Suo volto, il cammino di
santificazione che ogni uomo è bene che percorra, gli giova anche nella vita
terrena, consentendogli di vivere:
·
una vita eticamente retta;
·
una vita che mette in atto la giustizia e l'equità
Divina nel credente;
·
una vita consacrata alla verità[50].
Il nostro modello sulla strada della santificazione è
certamente Cristo: S. Paolo nella lettera agli Efesini ci esorta a comportarci «in
maniera degna della vocazione» che abbiamo ricevuto[51],
«finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio
di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena
maturità di Cristo»[52].
Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione dogmatica ‘LUMEN
GENTIUM’ sottolinea che “tutti i fedeli d'ogni stato e condizione sono
chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a una santità, la cui perfezione è
quella stessa del Padre celeste”[53].
Il capitolo 5 di tale Costituzione Dogmatica è interamente dedicato alla
vocazione universale della santità nella chiesa.
Dio è: amore
Non
basterebbero tutte le pagine di tutti i libri per cercare di descrivere l’amore
di Dio. Quale amore è infatti più grande dell’amore di Dio «...che non ha
risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi»[54]?
Dio ferma la mano di Abramo, che per fede obbedisce alla
richiesta di sacrificare il proprio figlio[55].
In essa vediamo l’amore di un padre che sa che Dio è sopra ogni cosa, sopra
ogni creatura e non esita ad obbedire a Dio, con il più grande dei sacrifici.
Un’obbedienza per fede, che ha fiducia dell’amore di Dio e comprende che una
sua richiesta non sempre può essere compresa dalla ragione umana, ma dobbiamo
affidarci a Lui, perché da Dio può provenire solo del bene.
Ciò che Dio non
permette di fare ad Abramo, lo permetterà invece Lui, per il proprio Figlio[56],
perché la salvezza dell’uomo, nonostante la sua iniquità, passa attraverso la
vittoria della morte del Cristo e la sua resurrezione ci dona la vita eterna,
come figli di Dio.
Oltre a questa massima manifestazione dell’amore di Dio che
vuole salvi e partecipi della gioia eterna tutti gli uomini, l’amore di Dio si
manifesta tramite:
·
la Grazia (fonte inesauribile sono i 7
Sacramenti);
·
la Compassione (perché è: “Dio di
pietà, compassionevole, lento all'ira e pieno di amore, Dio fedele”[57]);
·
la Misericordia (“perché eterna è la
sua misericordia”[58],
si ripete nel grande Hallel[59]
. E ancora: “Paziente e misericordioso è il Signore, lento all'ira e ricco
di grazia”[60]);
·
la Benignità (“Tu usi misericordia
con mille e fai subire la pena dell'iniquità dei padri ai loro figli dopo di
essi”[61]. Ancora
sulla benignità e sulla fedeltà più sotto trattata: “Riconoscete dunque che
il Signore vostro Dio è Dio, il Dio fedele, che mantiene la sua alleanza e
benevolenza per mille generazioni, con coloro che l'amano e osservano i suoi
comandamenti”[62]);
·
la Giustizia (Non c’è misericordia senza
giustizia, perché Dio esalta il giusto e punisce l’empio: “la pazienza di
Dio invita alla penitenza; ma nell'ultima ora, quando gli uomini, per la loro
ostinazione e il loro cuore non rinnovato, avranno accumulato per sé l'ira per
il giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il Signore
vibrerà la sua spada”[63]);
·
la Pazienza (“E il Dio della perseveranza
e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi
sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù”[64]).
Come conclusione di questo paragrafo riportiamo le parole di S.
Giovanni evangelista: «Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore»[65].
Dio è: fedele
La fedeltà di Dio attraversa tutta la storia della salvezza:
in ogni pagina della Sacra Scrittura, potremmo dire, si evince che Dio è
fedele. Fedele nell’Alleanza coi
Patriarchi, col popolo d’Israele che continuamente la calpesta. Questa fedeltà
verso ciò che promette e mantiene, non secondo krònos[66]
ma secondo kairòs[67]
, si esplicita non solo verso l’uomo ma anche nei riguardi delle sfere celesti,
dove Dio resta intrinsecamente, per Sua natura, fedele a tutti quelli che sono
i principi etici e moralmente retti che ha poi scritto nel cuore dell’uomo e
che conosciamo come ‘legge naturale’.
Pertanto noi «Manteniamo senza vacillare la professione
della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso»[68]
e così come ci esorta l’Apostolo Pietro,
ci dobbiamo con fiducia mettere nelle mani del nostro Creatore fedele
continuando ad impegnarci nelle opere buone[69].
San Paolo, nella prima lettera ai Corinzi ci insegna che «Fedele è Dio, dal
quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo»[70]
e ribadisce questo importante concetto, ossia che il Dio fedele chiama l’uomo
alla comunione con Lui anche nella prima lettera ai Tessalonicesi[71],
lo scritto ritenuto il più antico del Nuovo Testamento.
Dio è: perfetto
La perfezione di Dio è esprimibile con un semplice concetto:
Egli non manca di nulla, né in nulla. Ciò significa che Dio non ha bisogno di
alcunché, essendo sufficiente a sé stesso. La domanda che sorge allora è: perché
Dio ha creato l’Universo e l’uomo? Perché Dio è amore, punto già più sopra
trattato. Che non manchi in nulla
significa invece che Egli è la perfezione assoluta di ogni cosa buona. È ovviamente
un ragionamento antropomorfico: non è che possiamo mettere Dio su un piano
umano e dire: “hai presente l’uomo più forte? Beh, Dio è di gran lunga più
forte!”. Ma poiché Dio si è incarnato, la perfezione che troviamo nel Figlio,
vero Dio e vero uomo, ci fa comprendere che tra noi e Lui c’è un abisso
incommensurabile. Dunque Dio è la quintessenza di tutto ciò che è di bene.
Aggiungiamo ‘di bene’ perché ovviamente se pensiamo al male, Dio non può essere
certo ‘il più malvagio di tutti’.
Per poter ragionare sulla perfezione di Dio, ci viene in
aiuto la filosofia scolastica, con i trascendentali[72]:
essi sono considerati prerogative proprie di Dio, dalle quali non può
prescindere la sua stessa pensabilità.
La loro trattazione è dettagliata nel “De Veritate” di
S. Tommaso d’Aquino. Poiché Dio è l’Essere per eccellenza (ricordiamo che in
lui l’atto d’essere coincide con l’essenza) i trascendentali dell’essere
implicanti ‘superiorità rispetto alle categorie’ sono:
unum, verum, bonum
e pulchrum.
Un essere che sia più perfetto gode di una maggiore unità e
tra i gradi di distinzione sull’unum, citiamo i tre che più ci
interessano nel discorso degli attributi di Dio:
·
Dio possiede un'unità assoluta e semplice: non ha composizione
di principi, di elementi o di parti;
·
gli angeli hanno composizione solo di essenza e atto
di essere;
·
gli esseri materiali hanno anche composizione di
materia e forma e si possono corrompere e separare.
Il concetto di verità (verum) si attribuisce ai
giudizi, ma la verità dell'intelletto dipende dall'essere: l'ente è vero in
quanto l'essere è intelligibile (enti più perfetti sono più intelligibili). La
relazione della verità rispetto all'intelletto umano e divino è la seguente:
·
l'Intelletto divino fonda la verità degli enti creati
e la verità degli enti è fondamento e misura dell'intelletto umano;
·
l'intelletto umano è di per sé ordinato alla verità.
Il bene (bonum) di ogni ente consiste
nell'essere secondo la propria natura; mali sono le privazioni che si oppongono
alla perfezione naturale dell'ente; tutto ciò che è, è buono secondo il suo
essere. Osservando il bene rispetto alla volontà umana e Divina, possiamo dire
che la volontà umana vuole le cose in quanto sono buone, ma il Volere Divino è
fondamento della bontà delle creature.
Il bello (pulchrum), definito come "ciò
la cui contemplazione piace"[73],
implica che si possa considerare la bellezza come un tipo particolare di bontà,
poiché essa corrisponde ad un appetito che viene soddisfatto dalla
contemplazione del bello; è particolare poiché non è necessario possedere la
cosa, ma ne è sufficiente la conoscenza.
[1] Gv 1,18.
[2]
Definiamo la ‘sostanza’ da tre punti di vista o livelli: 1) a livello
ontologico: il soggetto di iniezione degli accidenti; 2) a livello logico: il
soggetto ultimo della predicazione o attribuzione; 3) a livello operativo: il
soggetto ultimo delle azioni.
[3] ‘in
principio di’.
[4] Intelletto.
[5] Gv 1,1.
[6] Ibidem
1,3.
[7]
Traslitterato: ‘El Shadday’.
[8] ‘El’
ed ‘Elohim’, sostantivi ebraici traslitterati per indicare ‘YHWH’ e
altri dei, nell’Antico Testamento.
[9]
‘La Bibbia di Gerusalemme’ – testo biblico CEI 2008, note e commenti ‘La Bible
de Jérusalem’ nuova ed. 1998, pag. 53.
[10] CV II,
Cost. Dogmatica ‘DEI VERBUM’, §10.
[11] Es 3,14.
[12] Ibidem.
[13]
L’atto d’essere è l’esistenza, il principio analogato di tutte le perfezioni,
atto primo delle stesse forme, fonte dell’agire, ciò che rende concreto
l’astratto, attualità di tutti gli atti.
[14]
Essenza è ciò che l’ente è, ciò che fa; è ciò che può essere determinato dalla
forma, che non può esistere da sola, che si delinea in materia e forma, ma è
anche utilizzata come sinonimo di natura. L’idea dell’uomo, sostanza
individuale di natura razionale, può essere espressa tramite la sua essenza: è
uomo e non altro.
[15] S.
Tommaso D’Aquino, ‘Somma Teologica’, arg. 3, art. 2.
[16] Dio
Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo: un’unica sostanza divina in 3 persone
distinte.
[17] Sono le
parole conclusive che l’Arcangelo Gabriele rivolge a Maria nell’annunciazione
(Lc 1, 37).
[18] Vedere
nota 17.
[19] Ef 3,20.
[20] Uno
degli appellativi attribuiti a YHWH.
[21] Is
14,24-27.
[22] Gb
capp. 1 e 2.
[23] Eb 1,3.
[24] At
17,28.
[25] Dn 5,23.
[26] Gv 4,24.
[27]
Spinoza affermava che esiste una sola sostanza: Dio. Suddivideva la Natura in Natura
naturans (o ‘natura naturante’), intesa come causa primigenia dell'universo
(quindi Dio e i suoi attributi) e Natura naturata (o ‘natura naturata’), intesa
come l'insieme dei suoi stessi effetti.
[28] La
pericoresi trinitaria ha un fondamento biblico in Gv 10,30: «Io e il Padre
siamo una cosa sola.
[29] Gv
14,11
[30] 1Re
8,27.
[31] Es
15,18 (il capitolo enuncia il canto di Mosè e degli israeliti in onore di YHWH
dopo la fuga dall’Egitto).
[32] Dt
33,27.
[33] Ger
10,10.
[34] Mc 13, 31.
[35] Dt 6,4.
[36]
Preghiera della liturgia ebraica letta due volte al giorno, nella preghiera
mattutina e serale.
[37]
Adorazione limitata a un solo essere divino, distinta dal monoteismo in quanto
non implica l'esplicita affermazione dell'unicità del dio o la negazione di
altre divinità.
[38] Es 20,3
[39] 1Tim
1,17.
[40] Gv
20,19.
[41] Gn 3,9.
[42] Ibidem
4,9.
[43] Mt
18,20.
[44] Ef
2,18.
[45] Mt
5,27.
[46] Gn 1,
26.
[47] 2Pt 1,4.
[48] ‘kadosh
o ’qadosh’, in ebraico traslitterato.
[49] Es 3,5.
[50] Gv
17,17.
[51] Ef 4,1.
[52] Ibidem
4,13.
[53] CV II, Costit.
Dogmatica “LUMEN GENTIUM”, § 11.
[54] Rm 8,32.
[55] Gn 22,1-18.
[56] Gv 3,16.
1Gv 4,9-10.
[57] Sal
85,15.
[58] Ibidem,
135.
[59] Così è
detto il Salmo 135, litania pasquale che canta la misericordia di Dio verso il
suo popolo.
[60] Sal
144,8.
[61] Ger 32,18.
[62] Dt 7,9
[63] S.
Agostino, ‘Esposizione sul Salmo 7’.
[64] Rm 15,5.
[65] 1Gv 4,8.
[66] Tempo sequenziale;
lo scorrere del tempo nella natura.
[67] Il
momento giusto, essenziale. Il tempo di Dio, potremmo dire.
[68] Eb 10,23.
[69] 1Pt
4,19.
[70] 1Cor
1,9.
[71] 1Ts
5,24.
[72] Attributi
di proprietà che sono al di sopra di tutte le categorie, sorpassando in
estensione tutti quanti i generi.
Commenti
Posta un commento